“Il più forte non vince. Piuttosto chi vince è il più forte”.
E se lo dice Franz Beckenbauer che di vittorie, sia da giocatore che da allenatore, ne sa qualcosa…
Kaiser Franz è una vera e propria “living legend”, ha scritto indelebili pagine di storia calcistica, vincendo tutto ciò che si poteva vincere.
Il suo palmares ha davvero pochi rivali: Coppa del mondo nel 1974, Europeo nel 1972, tre Coppe Campioni di fila tra il 1973 e il 1976, una Coppa Intercontinentale, una Coppa delle coppe e quattro campionati tedeschi con il suo Bayern Monaco e lo sfizio, a fine carriera, di vincerne pure un quinto con il meno quotato Amburgo. A tutto ciò vanno aggiunti due Palloni d’Oro (unico nel suo ruolo a vincerne più di uno) e la Coppa del mondo vinta da commissario tecnico della Germania a Italia ’90, vittoria che lo farà entrare nella storia come l’unico dopo il brasiliano Zagalo a vincere un mondiale sia da giocatore che da allenatore (nel 2018 si aggiungerà anche il francese Didier Deschamps), oltre che il record di presenze con la Nazionale tedesca (103, di cui le ultime 60 consecutive).
Ma più che la collezione di titoli e la gloria eterna che si è guadagnato vincendoli, resta e resterà per sempre nell’immaginario collettivo l’interpretazione rivoluzionaria e affascinante del ruolo, il cosiddetto “libero alla Beckenbauer”, ovvero il difensore centrale che dalle retrovie imposta come un regista. E con che eleganza poi!
Elegante persino quando giocò con il braccio legato al collo quel leggendario 17 giugno 1970 all’Estadio Azteca di Città del Messico
Senza dubbio l’immagine più romantica che abbiamo di Beckenbauer. Per via di una lussazione alla spalla, disputò i supplementari dello storico e incredibile match Italia – Germania 4-3, che sarà poi ricordata come “la partita del Secolo”, con il braccio destro attaccato al corpo mentre continua stoicamente ad attaccare la difesa italiana.
Comincia forse quella sera la sua metamorfosi, quella che ci darà il Beckenbauer più classico, quello che, come detto, ci lascerà a posteriori un nuovo significato al ruolo di “libero”.
Sì perché, incredibile a dirsi per chi lo ha conosciuto solo nella seconda parte della sua carriera, ma il primo Beckenbauer era un grande incursore più che un organizzatore di gioco. Le sue azioni travolgenti erano spesso letali per le difese avversarie, la naturale leggerezza e l’eleganza nella corsa, mai scomposta, ne nascondeva la velocità che invece era eccezionale per l’epoca.
E poi la sua incredibile coordinazione dei movimenti, tanto perfetta da parere innaturale. I suoi tiri dal limite, secchi ed improvvisi, fecero vittime illustri fra i portieri dell’epoca, come il leggendario Yashin, battuto da una prodezza del giovane tedesco che lo lasciò di sasso. Era la semifinale dei mondiali del 1966, l’URSS perse l’opportunità della finale, ma Yashin andò ugualmente da Beckenbauer a congratularsi, perché come dirà a posteriori “il gol segnato dal tedesco fu di una nobiltà calcistica imperiale”.
“Imperiale” proprio come Franz Anton Beckenbauer, l’indimenticabile leggenda di “Kaiser Franz”.
Viele Wünsche Kaiser