Anche dietro la vita di grandi campioni possono nascondersi storie tristi. E’ il caso di Paulo Dybala, che ha passato un momento difficilissimo nella sua adolescenza e che forse lo ha spinto ad emergere e a diventare quello che è oggi: la precoce e triste morte del padre.
Un modo per ricordarlo a dovere era quello di diventare un calciatore professionista. E che giocatore che è diventato…
Siamo in Polonia, Krasniow più precisamente, paesino di un piccolo villaggio rurale del comune di Opatowiec, nel voivodato si Swietokrzyskie, a 70 km da Cracovia.
Non è una lezione di geografia, ma il posto da dove proviene la sua famiglia. Sì, perché è esattamente il posto dove nasce e cresce suo nonno Boleslaw che, una volta percepito il serio pericolo delle bombe della seconda guerra, prende la sua famiglia e se ne va in Argentina.
E’ questa scelta che permetterà a Paulo di nascere e crescere in Sud America.
La famiglia si trasferisce quindi a Laguna Larga, nel bel mezzo del paese, dove papà Adolfo inizia a giocare a fútbol. Gioca nelle serie minori, lo chiamavano “El Chancho” (il maiale) per via del suo modo rude di giocare e sfiora la Primera divisione con la seconda squadra di Rosario.
Una volta smesso di giocare però, papà Adolfo nel tempo libero (gestiva una tabaccheria) si dedica completamente alla totale trasmissione della sua passione calcistica ai propri figli: il suo sogno più grande è quello di vedere uno di loro diventare un campione.
Gustavo e Mariano, nonostante siano discreti calciatori, non riescono a sfondare, così l’ultima speranza è Paulo, che sembra sin da subito avere una grandissima passione oltre che doti fuori dal comune.
“E’ nato con il pallone tra i piedi – racconta mamma Alicia – da quando ha 4 anni non ha fatto altro che giocare a calcio”.
Ed è a 8 che inizia la storia di Paulo con la maglia della “Gloria”, quella dell’Instituto Central Córdoba, dove sono cresciuti anche due leggende come Kempes e Ardilles.
Mostra subito le sue qualità, anche se per qualcuno è troppo piccolo fisicamente.
Ma papà Adolfo non molla, si fa chilometri e chilometri per portare il piccolo Paulo al campo, consigliandolo, rimproverandolo, aiutandolo. E’ la sua guida, il suo mentore, il suo faro.
Ma il destino è assai crudele e papà Adolfo se ne andrà troppo presto. Troppo presto anche per vedere il figlioletto scalare i primi gradini calcistici.
La botta è tremenda. Paulo Dybala è solamente un ragazzino, si chiude in se stesso, piange in continuazione.
“Ho pianto tanto per mio padre, è morto quando avevo 15 anni. Ha lottato per tanto tempo contro un tumore al pancreas, ma è stato inutile. A me, per proteggermi, non dicevano tutto, così io mi illudevo, speravo che guarisse. Oggi parlo spesso di lui con mamma, mi succede di sognarlo e ogni volta mi sveglio tra le lacrime”.
Dopo un periodo di sconforto, inizia la corsa al grande calcio. Sacrifici, giocate, gol, fino al 12 agosto 2011: Dybala ha 17 anni, 8 mesi, 28 giorni, la faccia pallida e il fisico di un bambino il giorno dell’esordio nella Serie B argentina con il Cordoba.
Il primo gol arriva invece alla seconda partita, il 20 agosto, contro l’Aldosivi. Indossava la numero 9 e segna addirittura di testa sugli sviluppi di un corner. A 17 anni, 9 mesi e 5 giorni è il più giovane calciatore della storia del club a segnare un gol, record che deteneva fino a quel momento Mario Kempes. Il giornale il giorno dopo titolava: “¡ES COMO UNA JOYA!”.
Da quel giorno Dybala non si ferma più.
17 gol in 40 partite, ma soprattutto la dimostrazione di un talento sopra la media. Qualcuno lo segnala al presidente del Palermo Maurizio Zamparini che, appena lo vede giocare, se ne innamora follemente. Per lui stacca un assegno da ben 12 milioni di euro, una cifra folle per un ragazzino della sua età in quel momento.
Il resto della sua storia recente, da Palermo (dove verrà ribattezzato “picciriddu”) a Torino, sponda bianconera, lo conoscete tutti.
“Papà aveva un sogno: che diventassi calciatore. Perciò dovevo farcela: per onorare la sua memoria ed esaudire il suo desiderio. Lui mi accompagnava a ogni allenamento, un’ora di macchina da Laguna Larga, dove vivevamo, a Cordoba, mi consigliava, mi stava sempre dietro. Non fu facile senza lui. I primi mesi mi chiudevo spesso in bagno a piangere, ma non ho mollato. E oggi so che papà è orgoglioso di me…“
Sì Paulo, tuo padre è fiero di te e starà sicuramente festeggiando il tuo compleanno da qualche parte, felice ed emozionato, pensando a quello che è diventato suo figlio: un meraviglioso campione.