Quello del 1992, è sicuramente l’Europeo che non ti scordi, che non puoi dimenticare.
L’Europa è sconvolta da ciò che sta succedendo in Jugoslavia e, poco più su, l’Unione Sovietica (URSS) sta diventando CSI.
Ovviamente le nazionali calcistiche sono legate ai destini dei due paesi e mentre l’URSS riesce a cavarsela all’ultimo respiro (partecipando come CSI con la possibilità di poter schierare anche molti giocatori dell’ormai neonata Ucraina), la Jugoslavia è ormai a pezzi. Un popolo che fino a quel momento era unito (perlomeno sulla carta) sotto la stessa bandiera, all’improvviso si ritrova diviso in più paesi, a combattere una guerra tra le più sanguinose e violente dopo il secondo dopoguerra.
La selezione jugoslava quindi, che si era meritata la qualificazione sul campo con campioni del calibro di Boban, Suker, Boksic e Savicevic, viene tristemente esclusa dalla competizione, lasciando il posto a quella che nel girone di qualificazioni si era posizionata seconda in classifica, ad un solo punto dai balcanici: la Danimarca.
Ed è proprio da questa ‘disgraziata’ esclusione che involontariamente nasce una delle storie calcistiche più incredibili di sempre.
E’ un Europeo senza l’Italia, che non riesce a qualificarsi lasciando il passo nel girone di qualificazioni all’URSS.
E’ l’Europeo della prima volta della Scozia.
E’ l’Europeo di Van Basten, Gullit, Rijkaard e Bergkamp, di Klinsmann, Brehme e Riedle, di Platt e Gary Lineker, di Papin, Deschamps e Cantona, dei padroni di casa Thern, Brolin, Ingesson e Kenneth Andersson.
Ma è soprattutto l’Europeo di una Danimarca già in vacanza che, richiamata in fretta e furia dal suo C.T. Moller Nilsen e senza il suo giocatore più rappresentativo, quel Michael Laudrup che lasciò la nazionale qualche settimana prima dopo uno screzio proprio con il commissario tecnico dicendo “la mia nazionale d’ora in poi sarà il Barcellona”, sorprende tutti e conquista il titolo, compiendo un vero e proprio miracolo calcistico.
Ma i danesi non iniziarono bene la kermesse, anche perché si ritrovarono in un girone quasi impossibile sulla carta con Francia, Inghilterra e Svezia e, a parte il leggendario portiere del Manchester United Peter Schmeichel e Brian Laudrup, non disponevano di grandi campioni di caratura internazionale.
La prima termina 0-0 con l’Inghilterra, la seconda invece finisce 1-0 per i padroni di casa della Svezia, con gol di Thomas Brolin (vecchia conoscenza del calcio italiano).
Sembra già finita l’esperienza in terra svedese per gli uomini di Moller Larsen.
Per passare alle semifinali devono combinarsi troppe cose: la Danimarca deve vincere contro la più quotata Francia e sperare che la Svezia, già qualificata, battesse l’Inghilterra.
Pazzesco, ma andò esattamente così: la Danimarca vince contro la Francia per 2-1 e la Svezia supera l’Inghilterra con lo stesso risultato, in rimonta, segnando il gol decisivo negli ultimi minuti.
Dopo esser stata ripescata all’ultimo momento, la Danimarca approda alle semifinali in maniera del tutto rocambolesca e di nuovo all’ultimo respiro.
Segnali divini che no, non potevano lasciare indifferenti.
In semifinale davanti a Schmeichel&co ci sono i campioni in carica, quella super e favorita Olanda del “trio milanista” che sembra imbattibile.
Ma anche qui succede l’inimmaginabile.
La Danimarca si porta incredibilmente in vantaggio per ben due volte con una doppietta di Henrik Larsen (nel mezzo il pareggio di un giovane Dennis Bergkamp). Ma all’ottantaseiesimo minuto, dopo aver provato in tutti i modi a resistere alle offensive orange, Frank Rijkaard agguanta il pareggio portando così le due squadre ai supplementari.
Qui prevale la paura di entrambe e non succede nulla: si va quindi ai calci di rigore.
Nella lotteria dei rigori segnano tutti meno che uno, il più forte di tutti, l’uomo più atteso, il più decisivo degli ultimi anni: Marco Van Basten.
Peter Schmeichel lo ipnotizza come pochi portieri hanno saputo fare in carriera, portando la sua piccola Danimarca a giocarsi una storica e memorabile finale.
Göteborg, Danimarca – Germania, inedita finale dei campionati Europei.
I tedeschi sono i favoriti, come tutte quelle nazionali che hanno affrontato i danesi in questa rassegna d’altronde.
Ma loro non lo sanno, non lo hanno mai saputo, e continuano a stupire.
Jensen sblocca per la Danimarca al 18′ e i teutonici si buttano di conseguenza in un forcing disperato per il resto della partita. Forcing che non produce frutti anzi, espone la difesa germanica ad altri rischi. E così Kim Vilfort chiude la pratica al minuto 78, proprio quel Vilfort che stava attraversando un periodo difficilissimo della propria vita.
In pochi all’epoca sapevano che l’attaccante del Brøndby per tutto l’Europeo ha fatto su e giù tra la vicina Svezia e l’ospedale in cui la piccola figlia di otto anni, Line, lottava con una grave forma di leucemia, saltando tanti allenamenti oltre al match decisivo del girone contro la Francia.
E in finale il destino ha voluto che Kim riuscisse a dedicargli il gol più importante della sua vita. Quel gol che ha sancito definitivamente la prima romantica vittoria continentale del suo orgoglioso popolo.