Dopo l’addio di Massimiliano Allegri, alla Juventus si sono posti l’obiettivo di vincere convincendo, abbandonando lo stile a tratti catenacciaro delle scorse annate: per riuscirci Andrea Agnelli si è affidato a Maurizio Sarri, cultore del calcio champagne mostrato al Napoli e, in parte, al Chelsea.
A quattordici giornate dall’inizio del campionato non si è ancora vista l’impronta sarriana: presente in maniera evidente qualche reminiscenza di stampo allegriano che sembra condizionare il gioco dei bianconeri, non più dominanti come un tempo.
‘La Repubblica’ riporta un dato eloquente relativo ai minuti passati in vantaggio fino a questo punto: 369, praticamente la metà rispetto ai 741 della passata stagione con Allegri in panchina. Quest’anno, inoltre, sono 806 i minuti in cui il punteggio è rimasto in equilibrio contro i 458 di dodici mesi fa. Con Sarri anche più tempo in svantaggio (85′ vs 61′).
In compenso è aumentata la percentuale sul possesso palla (dal 54,9 al 56,2%), il numero dei tiri ad ogni partita (da 16 a 19) e il frangente di gara passato nei 35 metri d’attacco (dal 29 al 32%). Miglioramenti che però cozzano con i dati sopracitati che qualcosa vorranno pur dire.
La sostanza non cambia nemmeno se si prendono in considerazione i numeri delle stagioni precedenti: nel 2017 furono 707 i minuti trascorsi a prevalere sugli avversari, mentre nel 2014 la Juventus si trovò a rincorrere per soli 8 minuti spalmati in tre partite.
A Sarri non resta che migliorare questo ruolino, magari abbinandolo al controsorpasso all’Inter che ieri ha perso l’occasione di allungare momentaneamente a +4 contro la Roma: perché vincere è l’unica cosa che conta ma da quest’anno, però, le vittorie dovranno passare anche e soprattutto da un calcio gradevole. Come la filosofia di Sarri impone.