È difficile nel mondo del calcio trovare un calciatore che metta d’accordo tutti, in grado di suscitare ricordi positivi nei tifosi che hanno avuto il privilegio di ammirarlo nella loro squadra così come nei semplici appassionati di pallone. Perché questo accada non è sufficiente essere un fuoriclasse, anche se certamente aiuta, servono qualità morali, doti che vanno oltre il rettangolo di gioco e arrivino dritte al cuore della gente.
Uno di questi calciatori, di cui è rarissimo sentir parlare in termini negativi, è Hernan Crespo, il Valdanito, attaccante che abbiamo imparato a conoscere da vicino negli anni a cavallo tra la fine del vecchio millennio e l’inizio del nuovo, quando il nostro campionato dettava legge anche in Europa.
Crespo nasce nei sobborghi settentrionali di Buenos Aires ed è in patria che si mette in luce tra le fila del River Plate, prima a livello giovanile e poi tra i professionisti. Inizia a vincere subito, nel ’93 e nel ’94 conquista il campionato di Apertura mentre nel ’96 alza al cielo la Copa Libertadores, competizione che gli regala definitivamente la ribalta internazionale.
In quegli anni il primo campionato a cui pensi se devi affermarti in Europa è la Serie A, dove ci sono tantissime squadre in grado di competere ad alto livello e la competizione è più agguerrita che mai.
Crespo sbarca in Italia e ad acquistarlo è il Parma di Tanzi che mette sul piatto del River Plate circa 8 miliardi di lire, una cifra che considerando quelle sborsate per i suoi trasferimenti successivi può essere considerata un vero e proprio affare.
Le prime stagioni in Italia sono positive, sia in termini di gol realizzati che di prestazioni. Si capisce anche immediatamente che Hernan Crespo non è un attaccante che si possa valutare semplicemente considerando i numeri.
Il Valdanito è uno a cui piace svariare sul fronte offensivo, dialogare con i compagni, aprire spazi per gli inserimenti da dietro sfruttando la sua intelligenza e la capacità di muoversi nei giusti tempi, oltre che la tecnica notevole di cui madre natura l’ha fornito in quantità generosa.
Davanti alla porta è efficace, anche se spesso ama provare la giocata ad effetto, perché quando hai classe da vendere in abbondanza la tentazione di farne sfoggio è sempre dietro l’angolo, mentre sul gioco aereo ha ben pochi rivali.
Ben presto diventa una delle punte di diamante del Parma, con cui nella stagione ’98-’99 vince Coppa Uefa e Coppa Italia, lasciando il suo marchio indelebile nelle finali di entrambe le competizioni. La coppia con Enrico Chiesa funziona a meraviglia, i due si intendono come se avessero sempre giocato insieme e le qualità di uno sembrano perfette per esaltare le doti dell’altro.
La Lazio si presenta in Emilia con un’offerta da capogiro, irrinunciabile. 35 miliardi di lire cash e le contropartite tecniche di Almeyda e Conceiçao, due signori centrocampisti, per un valore complessivo dell’operazione stimata in 110 miliardi di lire.
La squadra biancoceleste è fresca detentrice dello scudetto e l’acquisto di Crespo è la punta di diamante che cercava Cragnotti per dare nuovamente l’assalto alla Serie A e all’Europa.
Purtroppo per la Lazio i sogni sembrano svanire in fretta perché Eriksson annuncia di aver sottoscritto un accordo per allenare l’Inghilterra a partire dall’estate del 2001 e la squadra sembra non seguirlo più, inanellando una serie di prestazioni deludenti dopo la vittoria in Supercoppa italiana ai danni dell’Inter. L’arrivo in panchina di Zoff riesce a risollevare, almeno in parte, la stagione e anche il rendimento di Crespo ne trae assoluto giovamento: l’attaccante argentino concluderà l’annata con 28 reti complessive, che rimangono anche il suo record in carriera per quel che riguarda le marcature in singola stagione.
Il secondo anno a Roma è positivo dal punto di vista personale, 20 reti in 34 presenze totali, ma estremamente negativo per quanto concerne i risultati della squadra, che termina al sesto posto in campionato e viene eliminata nella fase a gironi della Champions.
Se a Parma il Valdanito è sbocciato in tutto il suo splendore possiamo dire che nella Lazio si è avuta la conferma del valore assoluto del giocatore, che in quegli anni si può considerare a tutti gli effetti uno dei migliori attaccanti in circolazione.
A conferma di ciò è il fatto che Crespo, a partire dal ’95 in avanti, fa parte stabilmente anche della Nazionale argentina, con cui disputa 3 edizioni dei Mondiali, 1998, 2002 e 2006 pur non riuscendo a vincere nulla oltre all’oro nei giochi panamericani con la selezione Olimpica, ottenuto proprio agli inizi di carriera nel 1995.
L’inizio del nuovo millennio vede Hernan Crespo girare diverse squadre, dove rimane per una stagione: prima è il turno dell’Inter, poi del Chelsea e del Milan, squadra quest’ultima alla quale viene girato in prestito dagli inglesi.
È un periodo in cui deve fare i conti, soprattutto nell’Inter e al Chelsea, con problemi fisici che ne limitano il rendimento. Nonostante ciò con i nerazzurri, soprattutto in Champions League, è autore di 9 gol in 12 presenze che spingono la squadra fino alla semifinale della competizione, dove il cammino si interrompe per mano del Milan.
Proprio al Milan l’attaccante argentino si rilancia in Italia dopo la parentesi inglese. Ritrova il maestro Carlo Ancelotti, già suo allenatore ai tempi di Parma, ed i suoi gol a fine anno saranno 18, compresa la doppietta nella finale sciagurata di Champions a Istanbul contro il Liverpool.
Dopo il rientro dal prestito, al Chelsea vince la Premier League e il Community Shield ma il richiamo dell’Italia è troppo forte. Tre anni dopo decide di tornare nuovamente all’Inter, la cui esperienza come già ricordato si era interrotta prematuramente e amaramente a causa di un infortunio. Rimane per 3 stagioni, nelle quali vince altrettanti scudetti, il primo da protagonista assoluto mentre gli altri due da comprimario, complice l’età che avanza e una concorrenza nel reparto piuttosto agguerrita.
Siamo agli sgoccioli della carriera ma c’è ancora tempo per una fugace apparizione con la maglia del Genoa e per il ritorno a casa, ovvero a Parma, dove si conclude la sua fantastica esperienza da calciatore.
Hernan Crespo è stato il prototipo dell’attaccante completo e moderno, in grado di dominare sia dal punto di vista fisico, in virtù della potenza di gambe e dello stacco aereo, che sul piano tecnico, basti pensare a quello che è diventato un suo marchio di fabbrica, il gol di tacco eseguito con una naturalezza quasi imbarazzante, a dispetto della difficoltà estrema del gesto che presuppone tecnica, capacità di lettura, coordinazione e precisione estrema. Tutte qualità che il Valdanito, fino a quando è stato in campo, ha personificato come pochi altri hanno saputo fare.