Di giocatori destinati ad un futuro di altissimo livello e poi mai realmente sbocciati, per problemi comportamentali, per questioni caratteriali o per l’innata propensione a mettersi nei guai, il mondo del calcio è pieno e Ravel Morrison, giocatore che abbiamo visto transitare anche dalle nostre parti con la maglia della Lazio, ne è un esempio lampante.
Morrison è un calciatore inglese naturalizzato giamaicano classe ’93, il cui esordio nel mondo del calcio di un certo livello avviene nel 2009, quando entra a far parte di una Academy di primissimo livello, quella del Manchester United.
Nonostante da quelle parti siano abituati a vedere con discreta continuità grandissimi campioni, il suo impatto con l’ambiente è dirompente; basti pensare cosa hanno dichiarato Sir Alex Ferguson e Wayne Rooney sul suo conto…
L’allenatore leggendario dei Red Devils si è sbilanciato in maniera abbastanza netta, sottolineando come Ravel Morrison avesse, usando le sue esatte parole, un talento naturale mai visto in precedenza in nessun ragazzo con cui abbia mai lavorato.
Seguono la stessa scia le parole di Rooney, secondo cui Ravel Morrison era decisamente più forte di Paul Pogba e Jesse Lingard, altri due talenti che negli stessi anni si facevano largo nelle giovanili dello United.
Oltre al fatto di riconoscere a Morrison un enorme talento naturale, su un’altra questione tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui si sono trovati d’accordo: il principale artefice del suo mancato successo non va ricercato in altre persone diverse da sé stesso.
I guai infatti non sono tardati ad arrivare sin dai primi anni di carriera, quando il calciatore non era ancora maggiorenne.
A 17 anni viene fermato mentre è in macchina con amici in quanto nell’auto in cui stanno viaggiando vengono rinvenute armi e droga, successivamente finisce in tribunale per minacce e presunte aggressioni di vario grado, insomma i problemi di natura extra calcistica iniziano ad accumularsi e a prendere il sopravvento rispetto a quanto fatto sul prato verde.
Con queste premesse, nonostante il potenziale sia enorme e mai messo in discussione, è difficile riuscire a trovare spazio in un club prestigioso che, giustamente, deve tenere conto anche di una serie di aspetti che non comprendono solamente il terreno di gioco ma investono la sfera personale.
Morrison lascia il Manchester United nel gennaio del 2012 per accasarsi al West Ham, all’epoca in Championship. Al termine della stagione gli Hammers vengono promossi ma il contributo del talento è pressoché nullo, in quando scende in campo una sola volta.
Ah, dal momento in cui il suo contributo a livello di calcio giocato è minimo non vi abbiamo detto ancora il ruolo in campo di Ravel Morrison, che date le premesse non poteva essere altro che quello di centrocampista offensivo molto dotato tecnicamente, istrionico e con poca disciplina tattica.
Morrison nella stagione successiva rimane in Championship perché dal West Ham passa in prestito al Birmingham City, dove trova spazio con discreta continuità e chiude la stagione con 30 presenze e 3 reti. Al termine del prestito ritorna a Londra dove finalmente riesce ad esordire in Premier League, è il 24 agosto 2013.
Finalmente sembra arrivato il suo momento, dopo qualche peripezia iniziale può finalmente mettere la testa a posto e dedicarsi al pallone, per diventare il calciatore che solo qualche anno prima Sir Alex Ferguson aveva prospettato potesse diventare.
Invece anche questa volta non se ne fa nulla, un nuovo buco nell’acqua. La sua seconda esperienza al West Ham dura fino a febbraio dopo di che viene girato ancora in prestito in Championship, questa volta al QPR.
La sua squadra, come era accaduto al West Ham, viene promossa ma questa volta il suo contributo è un po’ più sostanzioso, in virtù dei 6 gol realizzati in 17 presenze complessive.
Il suo destino però sembra essere quello di continuare a tornare al West Ham, giocare qualche partita e di nuovo ripartire in prestito. È ciò che succede anche nella stagione successiva, quando Morrison ricomincia dagli Hammers ma dopo appena 2 partite disputate viene spedito al Cardiff City, già nel mese di settembre. La sua esperienza nella squadra gallese dura un battito di ciglia, dal momento che a gennaio è di nuovo libero.
Finalmente riesce a rescindere anche il contratto che lo lega al West Ham e nel 2015, da svincolato, si aggrega alla Lazio che decide di tesserarlo.
Il Ds della Lazio, Igli Tare, sembra averlo inquadrato fin da subito in maniera piuttosto chiara: “È un fuoriclasse e ha i colpi ma è un pazzo. Serve tempo”.
Nella sua prima stagione in biancoceleste gioca appena 8 partite, 4 delle quali in campionato e solo per pochi spezzoni di gara. Fanno più discutere alcuni suoi tweet, alcuni dei quali poi cancellati, delle prestazioni in campo e questo non è mai un buon segno.
Nell’annata successiva va, se possibile, ancora peggio in quanto non viene mai impiegato e dopo metà stagione decide di abbandonare la compagnia.
“Alla Lazio sembrava che tutti fossero lì solo per loro stessi. Il primo anno ho giocato un po’, poi la stagione successiva è stata una cosa assurda. Ci sono state partite di coppa in cui c’erano 37 o 38 giocatori che venivano scelti prima di me. Era una cosa che mi infastidiva. Mi è venuta voglia di lasciare” – Ravel Morrison
Torna in Inghilterra, al QPR, senza riuscire tuttavia a recuperare il bandolo della matassa della propria vita, che ormai pare essersi fatto sempre più intricato e impossibile da sbrogliare. Prova la carta del Messico prima, nell’Atlas, e successivamente quella della Svezia, accordandosi con l’Ostersund, ma nessuna delle due è quella vincente.
Siamo ormai arrivati ai giorni nostri: all’inizio della stagione Morrison viene tesserato dallo Sheffiel United, neopromosso in Premier League, con il quale scende in campo in un’unica occasione prima di essere ceduto in prestito al Middlesbrough. Una storia che sembra ripetersi, uguale a se stessa, nel corso degli anni.
Non è finita qui perché bisogna affrontare anche il discorso Nazionale; dopo aver fatto la trafila nelle selezioni giovanili inglesi fino all’under 21, Morrison esce dai radar quando si tratta di fare il salto in Nazionale maggiore, e non poteva essere altrimenti. Nel 2019 però ecco la carta a sorpresa: la Giamaica si fa viva in virtù delle sue origini materne ed il giocatore decide di accettare, salvo poi essere estromesso dalla rosa dei partecipanti alla Gold Cup. L’ennesima delusione, forse l’ultima, di una serie infinita di cui si è perso il conto.
Qui siamo di fronte ad uno dei casi più emblematici di “Poteva essere e non è stato”, ma mai come in questo caso l’impressione è che la testa, intesa come capacità di pensare da giocatore professionista, sia una qualità fondamentale e imprescindibile per una carriera di alto livello. Una qualità troppo spesso trascurata da Ravel Morrison.