Buon sangue non mente: la “brujita” sulle orme della “bruja”
Quando il buongiorno si vede dal mattino…
“Appena lo vidi non ebbi alcun dubbio: pensai subito che sarebbe diventato un grande calciatore. Da ragazzino, quando era nelle giovanili dell’Estudiantes, calciava meglio di tanti giocatori della prima squadra: da 25 metri era già in grado di mettere la palla dove voleva. E il più delle volte durante i tiri in porta, il portiere neanche provava a buttarsi.”
Dirà il primo allenatore nelle giovanili dell’Estudiantes di Juan Sebastian Veron.
La sua carriera iniziò proprio dalla sua La Plata, con il suo Estudiantes, dove il papà, Juan Roman la “Bruja” Veron, scrisse la storia negli anni ’60, vincendo tre Cope Libertadores.
A diciassette anni, dopo aver lasciato la scuola per dedicarsi completamente al calcio, Juan aveva già messo in mostra tutte le sue doti tecniche e balistiche e così, dopo una parentesi al Boca Juniors, arriva la chiamata che tutti prevedevano dall’Europa.
E’ la Sampdoria del tecnico svedese Sven Goran Eriksson a bussare alle porte del club argentino.
Juan in blucerchiato metterà subito in mostra il suo immenso talento, tanto da meritarsi dopo due buone stagioni la chiamata del Parma di Callisto Tanzi, uno dei club più ricchi e ambiziosi in quel momento.
Un anno da protagonista, con le vittorie di Coppa Italia e Coppa Uefa e poi subito l’approdo alla Lazio per quasi 60 miliardi, voluto fortemente dal suo “padre adottivo” Eriksson, che pur di avere l’argentino con sé, probabilmente si sarebbe venduto anche l’anima.
Alla Lazio passerà due anni meravigliosi, i migliori della sua carriera, dove vincerà una coppa Italia, una Supercoppa Italiana, una supercoppa Europea contro il grande Manchester United di Sir Alex Ferguson, ma soprattutto lo storico scudetto del 2000, nell’anno del centenario biancoceleste, a ventisei anni dall’unico sin lì vinto.
“Alla Lazio ho passato gli anni di maggior forma della mia carriera. Due anni sempre al massimo. Negli altri club ho fatto bene, ma ho anche avuto dei cali, lì invece mi sentivo invincibile“.
Purtoppo finirà subito l’effetto Lazio, per via del crack della Cirio del presidente Massimo Cragnotti, che sarà costretto a vendere i pezzi migliori per evitare il fallimento.
A Veron gli si presenterà così l’occasione della vita: il Manchester United. Sir Alex Ferguson si presenta con 40 miliardi delle vecchie lire cash e un contratto faraonico per il centrocampista argentino. Impossibile rifiutare.
Allo United saranno però due stagioni di alti e bassi, con cui comunque vincerà una Premier League pur non esprimendo il massimo del suo repertorio.
Poi l’incubo Chelsea…
A Londra la ‘Brujita’ passa il periodo più brutto della sua carriera. Dopo una stagione ricca di infortuni – disputa appena 7 partite in campionato più 6 gettoni in Champions league – risultando uno dei più grandi flop della storia blues per rapporto qualità-prezzo.
Così a credere in lui è nuovamente una squadra italiana, l’Inter del suo ex compagno di squadra ai tempi di Sampdoria e Lazio Roberto Mancini, dove chiuderà la sua lunga parentesi europea conquistando uno scudetto (assegnato dopo i fatti di calciopoli), due coppe Italia (saranno 4 in totale nella sua carriera dopo quelle vinte con Parma e Lazio) e una supercoppa italiana vinta grazie ad un suo gol contro la Juventus nei tempi supplementari.
A 31 anni, decide che il suo percorso in Europa è ormai concluso, tornando così al suo primo unico amore: l’Estudiantes De La Plata.
Lì, nelle successive sei stagioni, finirà di scrivere la sua fantastica e romantica favola, riportando i “Los Pincharratas” (di cui ne è diventato anche il presidente da qualche anno) alla vittoria del titolo Apertura per ben due volte e della quarta Copa Libertadores della storia.
E il merito è stato soprattutto il suo, di Juan Sebastian Veron, la “Brujita magica”.