Se dovessimo stilare una classifica dei calciatori italiani più forti a non avere mai indossato la maglia di una grandissima squadra, un posto d’onore spetterebbe senza ombra di dubbio a Totò Di Natale, attaccante straordinario ritiratosi ormai 4 anni fa che ha scelto di dedicare la propria vita calcistica a due piazze, Empoli prima e Udinese più tardi, certamente importanti ma non di primissimo piano a livello internazionale.
Eppure Antonio Di Natale avrebbe avuto le carte perfettamente in regola per sfondare anche in una cosiddetta big e le occasioni, nel corso della carriera, non sono certo mancate.
Lui ha sempre preferito declinarle, un po’ perché per forza di cose, in una grande squadra, sarebbe stato costretto a condividere il palcoscenico con tanti altri campioni e avrebbe dovuto costantemente dimostrare di essere all’altezza, un po’ perché forse aveva il timore di non riuscire a ritrovare quell’alchimia magica, quell’ambiente ideale senza troppe pressioni incontrato nelle due piazze sopracitate in cui si è svolta tutta la sua vita calcistica, che gli ha permesso di diventare uno degli attaccanti più forti e prolifici della sua generazione.
È così che si spiega, ad esempio, una delle questioni che hanno tenuto maggiormente banco all’epoca del periodo in cui era in attività, ovvero il fatto che un giocatore del suo calibro, nato a Napoli e tifosissimo del Napoli, non abbia mai cercato di indossare quella maglia e le volte in cui la sua squadra affrontava i partenopei ha spesso preferito defilarsi; una sorta di rispetto non dovuto ma ineludibile.
“Perché spesso non giocavo contro il Napoli? Amo Napoli e sono un grande tifoso del Napoli ma quella maglietta per me sarebbe stata troppo pesante: avevo paura di non fare ciò che invece ho fatto. Sono stato quasi sempre assente anche giocandoci contro: fargli gol era come segnare a mio fratello ed è per questo che era meglio evitare” – Antonio Di Natale
Napoli però non è stata la sola piazza che avrebbe accolto a braccia aperte l’attaccante, c’è stata anche la Juventus, nel 2010, che però si è vista rifiutata per una questione di cuore e di testa. Di Natale, semplicemente, aveva trovato il suo microcosmo perfetto e non aveva nessuna intenzione di cambiarlo.
Quando la Juventus si è fatta sotto per Di Natale l’attaccante era già affermato, quasi all’apice di un percorso iniziato alla fine degli anni ’90 , periodo in cui ha iniziato a muovere i primi passi nel calcio professionistico.
La carriera di Di Natale è stato un lento e progressivo crescendo, di cui ora vi riassumiamo le tappe fondamentali. Dopo le giovanili nell’Empoli il calciatore viene mandato in prestito per un paio d’anni a farsi le ossa, tra serie C1 e C2, prima di essere richiamato alla casa base. L’Empoli a quell’epoca era nella serie cadetta ed i primi anni servono da banco di prova, un periodo di adattamento in cui il calciatore gioca con continuità e, pur non segnando raffiche di gol, dimostra di valere ampiamente la categoria.
Il primo exploit in termini realizzativi avviene nella stagione 2001-2002, al termine della quale i toscani vengono promossi in serie A.
Di Natale realizza complessivamente 18 reti in quella stagione, 16 delle quali in campionato, ed è uno dei principali artefici della promozione.
La sua prima stagione in serie A è positiva, come testimoniano le 13 reti in 27 presenze mentre non si può dire altrettanto di quella successiva, che culmina con la retrocessione della sua squadra e coincide con il suo ultimo anno in Toscana.
Nel 2002 entra anche per la prima volta nel giro della Nazionale, chiamato da Giovanni Trapattoni, e la sua avventura in maglia azzurra proseguirà, tra alti e bassi e con alcuni periodi di pausa, fino al 2012.
Nel 2004 viene acquistato dall’Udinese, squadra che durante la sua permanenza in Friuli ottiene alcuni tra i traguardi più prestigiosi della sua storia, qualificandosi per 3 stagioni ai preliminari di Champions League.
A Udine Totò Di Natale sboccia definitivamente, macinando record su record: vince per 2 anni consecutivi la classifica marcatori (2009-2010 e 2010-2011), diventa primatista di presenze (385) e reti (191) nella storia del club e nella decade 2010-2019 è il calciatore ad aver realizzato più gol in assoluto in Serie A, davanti a Higuain, Icardi ed Immobile.
Come sempre però i numeri, fondamentali soprattutto se si parla di un attaccante, raccontano solo una parte della storia, che nel caso di Di Natale è costellata di giocate formidabili e partite indimenticabili.
Già perché Totò Di Natale dal punto di vista tecnico prima ancora che realizzativo non aveva nulla da invidiare a molti campioni dei grandi club italiani ed europei. Era uno di quelli che, come avrebbero detto una volta, dava del tu al pallone, dotato com’era di una classe sopraffina che mai cedeva il passo all’indolenza. Aveva velocità, spunto in accelerazione, soprattutto negli anni migliori, ed era capace di rifinire con la stessa efficacia con cui realizzava reti di stordente bellezza, facendo sembrare naturali gesti che in realtà erano solo per pochi. Questo, in fin dei conti, è ciò che ci hanno sempre detto che fanno i grandi campioni e Totò Di Natale è stato indubbiamente uno di questi.
Ad inizio carriera, in cui spesso veniva schierato da attaccante esterno o di supporto al centravanti di ruolo, abbiamo ammirato un calciatore in grado di dribblare l’uomo con facilità, andare via in accelerazione e servire assist incredibili per i propri compagni poi, con il passare degli anni, è stato avvicinato sempre di più alla porta diventando una vera e propria macchina da gol. All’estro e all’inventiva, che mai l’hanno abbandonato, ha aggiunto la straordinaria concretezza tipica dell’attaccante di razza.
Spesso si è detto che per essere considerato nella schiera dei grandissimi gli è mancata l’esperienza in una big, fatto dovuto, come abbiamo già avuto modo di ricordare, più ad una scelta personale che non ad una mancanza di opportunità; eppure la carriera di Totò Di Natale parla abbastanza chiaramente a suo favore e chi ha avuto modo di vederlo giocare, in un arco temporale molto ampio e contro gli avversari più disparati, non può che concordare nel ritenerlo uno dei più forti attaccanti che abbiamo potuto ammirare nel nostro campionato.
La sua è stata anche la storia di chi ha preferito la certezza al rischio, di chi ha ascoltato il cuore piuttosto che il portafoglio. Una storia di quelle che nel nostro tempo stanno sempre più scomparendo e, proprio per questo, da custodire ancor più gelosamente.