I bomber di provincia, nel mondo del calcio, sono diventati con il passare degli anni una categoria quasi leggendaria, giocatori in grado di legare il proprio nome, in maniera indissolubile, a quello di realtà di dimensioni modeste, dove hanno saputo esprimere al massimo il proprio potenziale e dove verranno ricordati per sempre.
C’è una città che in questo senso fa un po’ eccezione, una realtà di provincia a cui sono legati diversi bomber che sono stati in grado di lasciare un’impronta importante nella storia del club e, di conseguenza, del calcio italiano.
Stiamo parlando del Messina, squadra in cui hanno militato molti attaccanti di razza tra i quali possiamo annoverare certamente Cristian Riganò e Riccardo Zampagna, oltre ovviamente al protagonista di questo nostro speciale, un bomber in grado di segnare parecchi gol il cui soprannome rimanda ad un leggendario condottiero britannico di epoca medievale: Arturo Di Napoli.
La storia di Re Artù è legata a doppio filo a quella del Messina, club in cui ha militato dal 2003 al 2007 e successivamente nella stagione 2009-2010. Prima però di arrivare all’esperienza che lo ha consacrato, iniziata quando il giocatore stava per compiere i 30 anni, dobbiamo ripercorrere brevemente le tappe di avvicinamento, che ci fanno capire come a volte si tratti proprio di una questione di alchimia, di una serie di fattori che si incanalano nella direzione perfetta e portano al raggiungimento di traguardi fino a quel momento nemmeno minimamente ipotizzabili.
Già perché prima di arrivare a quel fatidico 2003 la carriera di Arturo Di Napoli sembrava destinata ad essere quella di un buon attaccante, con qualche stagione in doppia cifra di gol e poco più.
Dopo essere uscito dalle giovanili dell’Inter l’attaccante nato a Milano da una famiglia di origini campane non riesce a trovare spazio in prima squadra e viene mandato in prestito, prima all’Acireale, in serie B, e poi al Gualdo, in serie C1. È proprio in quest’ultima società, siamo nell’annata ’94-’95, che Di Napoli inizia a farsi notare mettendo insieme un bottino complessivo di 10 reti, nulla per cui stracciarsi le vesti ma comunque un buon traguardo per un ragazzo che ha appena compiuto i 20 anni.
Nel 1995, sulla scia della buona stagione appena conclusa, la sua carriera sembra prendere lo slancio decisivo: acquistato in comproprietà dal Napoli esordisce in Serie A e mette assieme 5 reti in 27 presenze complessive ma quello che potrebbe essere il preludio ad un’imminente esplosione si rivela in realtà un fuoco di paglia.
Di Napoli viene riscattato a Gennaio della stagione seguente dall’Inter ma ancora fatica a trovare spazio, scende in campo solo 6 volte fino al termine della stagione e non riesce a trovare la via del gol.
Finisce di nuovo in prestito, prima a Vicenza e poi a Empoli, dove il suo score più che onesto di 11 gol realizzati non è comunque sufficiente per evitare la retrocessione ai toscani.
Gli anni corrono e nel mondo del calcio più che in altri ambienti si sa, il tempo non aspetta nessuno.
Siamo già al 1999 quando Arturo Di Napoli viene ceduto dall’Inter al Piacenza per una cifra vicina agli 8 miliardi di lire. Anche qui, com’era accaduto ad Empoli, la sua squadra retrocede a fine anno e i dubbi riguardo al fatto che il calciatore dovrà accontentarsi di una carriera modesta, tra bassa serie A e serie B, iniziano ad affiorare.
Come si dice spesso in questi casi il ragazzo “ha i colpi”, tecnicamente è tutt’altro che disprezzabile e l’impressione è che debba solamente trovare fiducia e continuità a livello realizzativo.
Il passaggio dal Piacenza al Venezia, in questo senso, sembra una manna dal cielo: in Serie B i suoi gol, 16 in 35 apparizioni, trascinano i lagunari alla promozione in Serie A ma nella massima serie non riesce ad imporsi.
Torna quindi in B, acquistato dal Palermo, ma dopo una stagione da 8 gol complessivi abbandona anche la barca rosanero.
L’estate 2003 è quella della svolta: il calciatore è in trattativa per trasferirsi in Inghilterra ma alla fine si inserisce dalla Turchia il Besiktas che sembra spuntarla. Sembra, appunto, perché dopo un periodo di prova Arturo Di Napoli decide di rimanere in Italia e accasarsi al Messina. Dalla possibile Champions League alla Serie B: un salto, anche a livello psicologico, non da poco.
Anche se non possiamo avere la certezza su come sarebbe andata al Besiktas possiamo comunque affermare che la scelta si rivela fin da subito azzeccata. Messina e Re Artù sembrano fatti l’uno per l’altro: l’alchimia di cui parlavamo, che spesso nasce per una serie di coincidenze e fattori non perfettamente spiegabili e razionali, si realizza.
Nella prima stagione in giallorosso i suoi gol, 19 in tutto, sono fondamentali per la promozione della squadra nella massima serie e nella stagione seguente Re Artù si può certamente annoverare tra gli artefici del miracolo sportivo che porta la compagine di Bortolo Mutti al 7° posto finale della serie A.
È il Messina di Storari, Aronica e Parisi, di Coppola, Giampà e Sullo. È il Messina di Amoruso, Zampagna e di Arturo Di Napoli. Una squadra in grado di compiere alcuni exploit memorabili, come la vittoria alla seconda giornata contro la Roma o quella nella giornata successiva contro il Milan. Un’altra big a cadere sotto i colpi del Messina dei miracoli è l’Inter, che nel girone di ritorno si vede rimontata e sconfitta, grazie anche ad una rete proprio di Arturo Di Napoli.
Re Artù segna meno gol di Riccardo Zampagna a fine anno ma le sue reti sono altrettanto decisive e le sue giocate infiammano il San Filippo, che diventa una sorta di fortino difficilissimo da espugnare.
La sua annata più prolifica in Serie A con il Messina è la 2005-2006, dove realizza 13 reti, che in assoluto non sono tantissime ma vanno rapportate al contesto di una squadra non certo tra le più attrezzate e soprattutto ad una carriera che fino a pochi anni prima era stata parca di soddisfazioni.
Arturo Di Napoli segna un po’ in tutti i modi: di piede, di testa, con tiri a giro sul secondo palo o con bordate di collo pieno.
L’ultimo anno in Sicilia è indubbiamente quello meno positivo e infatti a fine stagione lascia la squadra e si accasa alla Salernitana, in C1. Nonostante i 33 anni di età la categoria gli va decisamente stretta come dimostrano i 21 gol realizzati che gli valgono il primo titolo di capocannoniere in carriera e soprattutto consentono alla squadra di salire in Serie B. L’annata in serie cadetta è nuovamente positiva ed il suo contributo, in termini di gol e leadership, è fondamentale per la salvezza degli amaranto, ottenuta all’ultima giornata.
A trentacinque anni di età, prima di ritirarsi, Arturo Di Napoli ha bisogno di riabbracciare Messina, nonostante la squadra nel frattempo sia fallita e sia stata costretta a ripartire dai bassifondi del calcio italiano. Re Artù saluta a modo suo, crivellando le reti avversarie per 20 volte come se nulla fosse cambiato, a parte la categoria.
Le ultime due esperienze da calciatore sono quelle con la maglia del Venezia e della Caronnese, dopo di che, dal 2012, si dedica alla panchina diventando allenatore.
Il giudizio sulla carriera di Arturo Di Napoli, per forza di cose, è condizionato dagli anni magici di Messina, quelli che gli hanno consentito di entrare di diritto nella categoria dei bomber di provincia, tra i quali è certamente uno degli esponenti di maggior prestigio.