È insieme a Francesco Totti la romanità fatta persona solo che, a differenza sua, il Pupone ha vinto almeno uno scudetto a Roma.
Per 18 stagioni Daniele De Rossi dovrà “accontentarsi” di un mucchio di secondi posti, un paio di coppe Italia e sogni purtroppo mai avverati.
Ha vinto poco certo, ma a volte l’amore per i colori è più forte della voglia di poter vincere trofei da qualche altra parte. E poi ha conquistato quell’indimenticabile mondiale tedesco del 2006, che lo ha visto protagonista sia in negativo (con la gomitata a McBride nel secondo match del girone contro gli Stati Uniti) che in positivo (rigore in finale tirato divinamente) e che può anche bastare per una vita intera.
Il destino forse ha voluto regalargli la gioia più grande per un calciatore, sopperendo alle annate amare in giallorosso.
Oltre che un centrocampista meraviglioso (è stato quasi in ogni stagione uno dei migliori della sua squadra per prestazioni oltre ad aver realizzato anche 85 gol in carriera tra Roma, Boca Juniors e Italia, di cui è il 12º miglior marcatore di sempre con 21 realizzazioni), “Danielino” è anche uomo sincero e mai banale, non le ha mai mandate a dire, ha sempre espresso tutte le sue opinioni con lucidità, non cadendo mai in frasi fatte. Come quella volta che si è esposto su un tema caldo come la tessera del tifoso:
“sono contrario, non mi piacciono le schedature. In alcuni casi viste le ultime vicende forse servirebbe anche la tessera del poliziotto. Non credo che questa possa essere la soluzione del problema: chi va in giro con un coltello in tasca e lo usa per colpire un’altra persona non sta bene, così come non sta bene neanche un poliziotto che prende a calci un ragazzo che non c’entra nulla.“
O come quella volta che lo accusarono di avere problemi con Francesco Totti…
“Stare accanto a Francesco per un’intera carriera, a quello che verrà ricordato come uno dei più grandi giocatori più della storia, è stato un onore. In questa città un po’ strana qualcuno ha provato a raccontare la storia di me e di lui contro. Ma sono maiali col microfono e restano maiali col microfono.”
Secco, deciso, chiaro e, se dovesse servire, anche per niente diplomatico…
“Il mondo è cambiato, non solo il calcio. Che fai, te la prendi con i giovani calciatori? Ma lasciali stare… A volte danno fastidio pure a me. Quando li vedo fare la diretta Instagram dallo spogliatoio prima della partita gli darei una mazzata da baseball sulla bocca. Ma bisogna capirli, hanno 18 anni…”
Anche dopo cocenti eliminazioni DDR non ha mai cercato alibi, da campione vero. Mai una lamentela, come per esempio dopo la già storica semifinale di ritorno in Champions League con il Liverpool l’anno scorso evitò di giustificarsi con gli errori arbitrali risultati poi nei replay netti (il VAR ancora non entrava in gioco), preferendo assumersi le responsabilità sportive:
“I rigori non concessi dall’arbitro? Dal campo ho visto quello di mano, ho chiesto a Dzeko e lui mi ha detto che forse non l’aveva presa con la mano, quindi sono stato zitto. Ma se l’ho visto solo io forse non era così facile vederlo. L’altro invece mi sembrava fuorigioco netto di due metri, poi invece abbiamo visto che era regolare, quindi non erano semplicissimo… E onestamente conta poco. Abbiamo dato tutto e io sono tanto orgoglioso dei miei compagni… “.
E probabilmente anche loro dopo questa intervista, in un momento così deludente dove si poteva esternare qualsiasi cosa per giustificare la sconfitta e l’eliminazione, sono stati orgogliosi di esser rappresentati da un capitano così.
Ad averceli sempre giocatori, uomini come Daniele De Rossi.