José Luis Calderón: goleador in Argentina, meteora a Napoli

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    Dall’avvento di Maradona in avanti, ogni qual volta un calciatore argentino venga associato al Napoli c’è sempre un certo fermento ed è stato così anche nell’estate del 1997, quando il Napoli dell’allora presidente Ferlaino acquistò José Luis Calderón, attaccante proveniente dall’Independiente pagato 7,5 miliardi di vecchie lire.

    Le referenze, d’altro canto, erano più che buone tanto che il bomber dopo aver segnato a profusione, prima nell’Estudiantes e poi nell’Independiente, è stato persino convocato in Nazionale dal Ct dell’Argentina Passarella, che lo chiamò per la Copa America, competizione che poi si rivelerà non particolarmente fortunata per l’Albiceleste.

    Fu proprio Passarella, con un passato da calciatore nel nostro campionato con le maglie di Fiorentina e Inter, a caldeggiarne l’acquisto da parte dei partenopei, sicuro che il ragazzo fosse in procinto di esplodere.

    Alla presentazione a Napoli, José Calderón sembra molto sicuro di sé e si lancia in alcune dichiarazioni dal tono spavaldo: “Io quest’anno in Argentina ho fatto 31 reti. Angelillo qui ne fece 33? Si ha sempre il dovere di inseguire i record. Ma a me 30 basterebbero.

    Purtroppo per lui, e per il Napoli, appena si trasferisce sul campo le cose vanno diversamente; fisicamente appare sovrappeso, lento, goffo e impacciato tanto che nel precampionato dove di solito gli attaccanti fanno faville e si mettono in mostra, complici le difese non ancora asfissianti, realizza un misero gol contro il modesto Leffe.

    Oltre alle difficoltà personali e di ambientamento, Calderón ha anche la sfortuna di capitare in uno dei momenti peggiori del Napoli, basti pensare che a fine stagione la società avrà avvicendato addirittura 4 allenatori, Bortolo Mutti, Carletto Mazzone, Giovanni Galeone e Vincenzo Montefusco, il tutto senza riuscire ad evitare a fine anno la retrocessione. L’unica costante oltre ai risultati negativi? Il fatto che Calderón non venga mai impiegato. A fine anno per lui saranno solo 6 le presenze complessive in campionato, senza mai lasciare il segno e sentendosi umiliato più e più volte.

    Non mi è stata data la possibilità di dimostrare le mie capacità. Anche Balbo, Crespo, Batistuta hanno avuto bisogno di 6 – 7 mesi di tempo per ambientarsi. Persino uno come Maradona ebbe problemi nel primo anno di Napoli. Io sono stato bocciato subito, senza prova d’appello. Il momento piú brutto? Alla vigilia della trasferta di Genova, contro la Samp, quando mi fu comunicata l’esclusione dalla rosa dei titolari. Rimanemmo in tre, a Soccavo, ad allenarci: con me c’erano anche Prunier e Conte. Mi sentii crollare il mondo addosso.” –  Calderón in una intervista alla Gazzetta dello Sport.

    A fine anno, piuttosto comprensibilmente, fa le valigie e ritorna in patria, allo stesso Independiente che lo aveva ceduto al Napoli appena l’anno prima, senza aver avuto la possibilità di dimostrare di non essere un bluff. Dopo la brutta esperienza in Italia, però, il Napoli è costretto a svenderlo per 4,5 miliardi di lire, rimettendoci in buona sostanza 3 miliardi. Va bene tutto pur di cederlo il più velocemente possibile, devono aver pensato nella stanza dei bottoni.

    In patria Calderón torna a segnare a raffica, riprendendo da dove aveva interrotto prima della parentesi partenopea, una delusione che il calciatore fatica a metabolizzare, rilasciando a più riprese dichiarazioni al vetriolo rivolte ai suoi vecchi allenatori italiani.

    Nella prima stagione dal ritorno in Argentina vince il titolo di capocannoniere del campionato di Clausura mettendo a segno 17 reti, dopo di che decide di provare l’avventura in Messico, dove veste le maglie del Club America e dell’Atlas di Guadalajara.

    Le cose migliori però, non c’è dubbio, le fa vedere in patria dove fa ritorno nel 2003 e dove riesce a togliersi diverse soddisfazioni, sia a livello personale che in fatto di trofei vinti con i rispettivi club.

    Nel 2006, con la casacca dell’Estudiantes, vince il campionato di Apertura e viene eletto capocannoniere della Copa Libertadores, competizione che riesce anche a sollevare nel 2009.

    Nel 2007 vince la Copa Sudamericana con la maglia dell’Arsenal de Sarandì e tre anni più tardi, nel 2010, vince il suo ultimo campionato di Clausura con l’Argentinos Juniors, ultimo trofeo conquistato prima di appendere definitivamente le scarpette al chiodo.

    A conti fatti non si può certo dire che il calciatore fosse un brocco, nonostante il livello della competizione in Argentina non si potesse minimamente paragonare a quello dei massimi campionati europei, soprattutto in quegli anni dove la Serie A ospitava i migliori giocatori a livello mondiale.

    A volte le cose, specialmente nel mondo del calcio, non rispondono a logiche razionali ed è difficile, in casi come questo, darsi una spiegazione.

    Ma forse, a ben pensarci, non ce n’è nemmeno bisogno. José Luis Calderón verrà ricordato semplicemente per ciò che ha fatto: nulla, o quasi nulla a Napoli e tantissimo in Argentina, dove il quotidiano Clarìn, tra i più importanti a livello nazionale, gli ha dedicato un bellissimo omaggio in occasione del suo ritiro, dal titolo più che esplicativo: “Calderón se fue con el sabor del gol en boca”, ovvero Calderon si ritira con il sapore di gol in bocca.