Quando nel 2009 la Red Bull ha deciso di entrare nel calcio tedesco, si era preposta l’obiettivo di raggiungere la Bundesliga nel giro di 8 anni. Nemmeno il più ottimista tra tifosi e addetti ai lavori avrebbe forse mai immaginato che, una decade dopo, il RasenBallsport Leipzig sarebbe stato addirittura in testa a massimo campionati, con i favori del pronostico per la vittoria finale, almeno secondo un sondaggio del ‘kicker’ effettuato tra i giocatori della Bundesliga. Una squadra che 10 anni fa non esisteva può ora arrivare ad alzare il Meisterschale, dopo aver già esordito in Champions League nella stagione 2017/18. Quella del Lipsia è una realtà che il mondo del fußball ha faticato ad accettare e che ancora oggi riceve continui attacchi dalle tifoserie tedesche, tipicamente tradizionaliste. Allo stesso tempo però è una realtà sempre più solida, che si sta ritagliando un ruolo sempre più da protagonista.
La storia del RB Lipsia è iniziata nel maggio 2009, quando il club ha acquistato la licenza del Markranstädt, piccola squadra di una cittadina a 30 km da Lipsia, per poter giocare in quinta divisione. L’alternativa sarebbe stata partire dall’ottava divisione, il livello più basso del calcio tedesco. Per poter giocare in Oberliga era necessario anche un sistema di squadre giovanili che la Red Bull ha acquistato dall’FC Sachsen Lipsia, altra squadra cittadina comunque meno nota delle più famose Lokomotiv e Chemie, club storici nel calcio dell’ex DDR. In precedenza la Red Bull aveva sondato anche altre città come Monaco, Amburgo o Düsseldorf, prima di trovare le condizioni più favorevoli a Lipsia.
Le maggiori difficoltà che la multinazionale austriaca ha affrontato durante la creazione del club sono state soprattutto legate alla stretta connessione che la squadra avrebbe avuto con il marchio. La questione del nome è stata aggirata con un semplice escamotage, chiamando la squadra ‘RasenBallsport’, letteralmente ‘Sport della palla sull’erba’, con iniziali RB che richiamano ovviamente Red Bull. Il marchio è invece stato riadattato per renderlo simile, ma quantomeno non uguale, a quello della bevanda energetica.
Scelte fatte anche in ottica futura per rispettare la regola del 50+1, che prevede che le squadre professionistiche tedesche siano per il 50%+1 di proprietà del club stesso, senza investitori esteri, ma con il sistema dei soci (il Bayern ad esempio ne conta più di 300mila). Ufficialmente la proprietà del Lipsia è di dipendenti Red Bull, soci del club in parte sufficiente per poter aggirare la regola senza infrangerla.
La prima partita ufficiale del Lipsia è stata giocata il 10 luglio 2009, in leggero ritardo rispetto alle previsioni: avrebbe già dovuto disputare altre amichevoli, cancellate però per motivi di sicurezza. Diverse tifoserie si sono ribellate alla creazione di un club da part della Red Bull, senza tradizione e creato con intenti commerciali. Nella storia recente si ricordano soprattutto la testa di toro lanciata dai tifosi della Dynamo Dresda e i 15 minuti di silenzio dei tifosi dell’Union Berlino alla loro prima partita in Bundesliga proprio contro i ‘Roten Bullen’, i tori rossi.
La crescita del Lipsia fuori dal campo e la crescita del Lipsia in campo sono andate di pari passo, insieme al prestigio e al seguito, chiaramente aumentato una volta che il club si è spostato nel nuovo Zentralstadion, impianto storico della città acquistato e ristrutturato dal colosso di Dietrich Mateschitz. In più è stato costruito un centro sportivo tra i più all’avanguardia del mondo, con strumentazioni innovative per il mondo del calcio. Intanto in campo la squadra scalava le classifiche, anche grazie all’arrivo in dirigenza di Ralf Rangnick, uomo chiave per lo sviluppo sportivo del Lipsia e oggi direttore della sezione sport della Red Bull.
L’ex allenatore di Hoffenheim e Schalke ha preso in mano la squadra in Regionalliga, quarta divisione, categoria che aveva raggiunto vincendo subito la Oberliga al primo anno, nel ruolo di direttore sportivo. Al terzo tentativo il Lipsia ha ottenuto la promozione in 3. Liga e Rangnick ha rinforzato la squadra con gli acquisti di Yussuf Poulsen, ancora oggi un titolare nel club, un giovane Joshua Kimmich e il neo-giocatore del Napoli Diego Demme. I risultati furono brillanti e già alla prima stagione la squadra arrivò in Zweite Liga, al primo tentativo.
Qui ci rimase due anni, prima di conquistare la promozione nel 2016, proprio sotto la guida di Rangnick, sceso in panchina per portare a termine il lavoro. Con acquisti del calibro di Forsberg, Sabitzer e Klostermann, di Rebic e Rani Khedira, fino a quelli del secondo anno di Selke, Halstenberg, Gulacsi e Orban. Molti di questi giocatori sono ancora oggi presenti nella rosa, ben 8.
Segnale di continuità importante, che si può constatare anche paragonando la rosa della prima stagione a quella attuale. 9 dei primi 11 giocatori per minuti passati in campo erano già nella rosa del Lipsia nella stagione 2016/17. E se parliamo di cessioni, soltanto in un caso i Roten Bullen hanno detto ‘sì’ a un’offerta per un proprio giocatore di alto profilo: Naby Keïta, passato al Liverpool. Gli altri, soprattutto Werner e Forsberg, i due maggiormente cercati tra i giocatori ‘storici’, sono rimasti. E sono sempre stati protagonisti.
Nelle tre stagioni precedenti il Lipsia ha collezionato un secondo posto alla stagione d’esordio (record per una primissima volta, meglio in assoluto solo il Kaiserslautern campione da neo-promosso nel 1998), un sesto e un terzo posto. Ora si trova davanti a tutti ed è campione d’inverno. Ha subito una svolta con l’arrivo di Julian Nagelsmann in panchina e il contestuale addio di Rangnick, che l’anno scorso è sceso in panchina ‘aspettando’ il classe 1987, annunciato già nel giugno 2018 come futuro sostituto di Hasenhüttl. Nonostante questo passaggio, la continuità di volti chiave in campo e in dirigenza non è mai mancata. Ed è il più grande segreto di una realtà che non solo ha le risorse, ma le sfrutta come nessuno. Ottenendo grandi risultati.