A Firenze è stato accolto come un re, status che si è guadagnato in 12 anni al Bayern Monaco, dove è diventato leggenda. In molti erano scettici sul suo approdo in Serie A. Eppure sono bastate 6 partite per capire che Franck Ribéry fa ancora sul serio. E non ha scelto l’Italia per svernare dopo aver vinto tutto quello che poteva vincere in Baviera.
In estate il suo nome era stato accostato a squadre mediorientali, ma nella testa del franco-algerino c’era ancora la convinzione di essere ancora un top player e di poter essere ancora decisivo in Europa, in un campionato di primo piano. La chiamata giusta è stata quella della Fiorentina. ‘Giusta’ in tutti i sensi, perché quello delle prime giornate è il miglior Ribéry dal 2016.
A rivelarlo sono i numeri: 2 goal e 1 assist sono il miglior bottino nelle prime 6 giornate dalla stagione 2016/17, la prima – e unica completa – vissuta con Carlo Ancelotti in panchina in Germania. La situazione era diversa: il kilometraggio a livello fisico era minore e al Bayern era considerato ancora centrale. Nelle prime 6 di Bundesliga aveva segnato 2 reti e fornito 4 assist.
Il termometro dello stato di forma di Ribéry è dato anche dal numero di dribbling, 16. Soltanto il compagno di squadra Castrovilli e Filippo Falco hanno fatto meglio in Serie A, ma con un minutaggio decisamente maggiore: rispettivamente 519 e 509, contro i 329 del numero 7 viola. Montella lo sta gestendo e non potrebbe essere altrimenti, ma quando è in campo si sente. Un dribbling ogni 20 minuti, secondo più, secondo meno. E una percentuale di riuscita altissima: 73.72%.
La tecnica e la classe di una categoria superiore sono state evidenti dai primissimi minuti: un quasi rigore guadagnato contro il Napoli all’esordio, con una giocata da campione, quale è. Poi la prima da titolare contro la Juventus e le prime prove d’intesa con i compagni. Fino ad arrivare al goal contro l’Atalanta e all’assist contro la Sampdoria. Ieri, contro il Milan, ha dominato per 87 minuti in campo, ricevendo il tributo di tutto il Meazza, in piedi ad applaudirlo.
Ribéry si è preso le sue rivincite, soprattutto su chi, al momento del suo arrivo, ha messo in dubbio la sua condizione fisica. Tra questi c’era anche Urbano Cairo, che lo ha definito un acquisto soltanto per portare attenzione sulla Fiorentina, più che tecnico.
L’intuizione giusta l’ha avuta la Fiorentina di Commisso, che ha sì vissuto una partenza difficile, ma poi ha trovato continuità. Trascinata dal proprio numero 7, un fuoriclasse senza tempo che disegna calcio anche a 36 anni.