Il primo passo in avanti verso il ritorno a una sorta di normalità del pallone è stato mosso ieri. Il comunicato congiunto del Ministro della Salute Speranza e del Ministro dello Sport Spadafora ha dato il via libera per la ripresa degli allenamenti in gruppo a partire da lunedì 18 maggio, la stessa data che era già stata indicata dal Presidente del Consiglio all’annuncio della ‘Fase Due’. Con l’approvazione del Comitato Tecnico-scientifico, come ha riportato la ‘Gazzetta dello Sport’.
Il calcio rivede la luce, dunque, almeno sui campi d’allenamento. Per farlo negli stadi, invece, il percorso sembra ancora lungo e tortuoso. Spadafora al TG1 ha spiegato che prima di prendere decisioni servirà tempo per studiare i dati, almeno per questa settimana. Intanto la scadenza dell’UEFA del 25 maggio per presentare il piano per terminare la stagione si fa sempre più incombente. E a proposito di scadenze UEFA: ci potrebbe essere la possibilità di andare oltre il 2 agosto. Elasticità che può rivelarsi fondamentale per concludere la stagiione.
I Ministri hanno insistito ancora una volta sulla “prudenza”, presupposto fondamentale che guida ogni mossa e ogni decisione. La stessa parola chiave del Comitato Tecnico-scientifico, che, come riportato dalla ‘Gazzetta dello Sport’, ha dato quattro indicazioni particolarmente stringenti per la stesura e l’adattamento del protocollo a cui sta lavorando la FIGC. Poi, appena verrà approvato in via definitiva, anche nel calcio inizierà la ‘Fase Due’, ovvero quella dei ritiri blindati delle squadre.
I TAMPONI
Il primo snodo riguarda i tamponi, oggetto di grande discussione già da tempo. La posizione del Cts è chiara: anche se il calcio riveste un ruolo di importanza sociale, la richiesta di tamponi non deve minimamente impattare i bisogni della collettività. Un rischio che si dovrebbe comunque aggirare ricorrendo ai test sierologici, come previsto già dal primo protocollo steso dalla FIGC.
I POSITIVI
Se un giocatore dovesse essere trovato positivo, tutto il gruppo dovrà andare in isolamento, dai giocatori all staff. Un isolamento di 14 giorni che impedirebbe i contatti con l’esterno. Permetterebbe di continuare gli allenamenti per chi è negativo, ovviamente con distanziamento, ma non di giocare le partite. Portando così a una nuova interruzione del campionato. Questo rimane un nodo da sciogliere per il protocollo della FIGC.
LA RESPONSABILITÀ DEI MEDICI
I medici sociali e i medici competenti – ovvero i medici del lavoro che le società individueranno – saranno responsabili anche giuridicamente per ciò che potrebbe succedere rispettivamente a calciatori più staff tecnico e al resto del personale. La positività per Covid, secondo l’Inail, sarà considerata al pari di un infortunio sul lavoro: la Federcalcio sta lavorando a una copertura assicurativa in questo senso.
IL POST-RITIRO
Un paio di settimane di lavoro in isolamento per fugare il rischio di contagio. E poi? Questo è il grande dubbio sollevato dal Cts. Dopo i 15 giorni di allenamenti in gruppo con le squadre ‘blindate’, bisognerà ridiscutere un ritorno alla normalità. Gli stessi giocatori hanno sottolineato la difficoltà psicologica di rimanere in isolamento per più tempo. La decisione sarà influenzata anche dalla curva dei contagi.