Non capita praticamente mai che un presidente di club apra le porte del suo centro sportivo, del suo ufficio, della sua vita alle telecamere. Ma Joe Tacopina è americano e tutto, per un americano, può diventare spettacolo: ci aspetta in palestra, il che già disorienta perché di solito i presidenti arrivano in giacca, cravatta e frasi di circostanza. Tacopina invece decide di presentarsi mostrando i tatuaggi, la musica rock che scandisce le trazioni, i pesi che continua a caricare sulle gambe. Un personaggio anomalo, brillante, italianissimo nella quantità di caffè che butta giù e nella qualità degli aneddoti che regala. Qualche bonus track:
1 – La prima cosa che si nota entrando nel suo ufficio, in sede, è una maglia viola sporcata da una dedica a pennarello: “A Joe, ti auguro il meglio”. La grafia è di Cristiano Ronaldo e la maglia è quella della finale di Cardiff. “Io e Florentino Perez siamo amici, è anche stato mio ospite qui a Venezia insieme a Butragueño – spiega Tacopina, come se avere mezzo Real a cena fosse naturale – Erano qui per il matrimonio di Morata. Sono andato anche a Madrid con i miei dirigenti perché vedessero come lavora un grande club. Lì Florentino mi disse: Joe, tu hai una cosa che noi del Real non abbiamo… hai Venezia. Non ci volevo credere”.
2 – Tacopina ha fatto parte del Cda della Roma per tre anni, dal 2011 al 2014. Il momento di massimo orgoglio per suo padre, romanista di Brooklyn: “Durante una partita la Curva Sud espose uno striscione, diceva: Grazie Joe, Tacopina uno di noi. A papà scese una lacrima, non lo avevo mai visto commosso in tutta la mia vita”.
3 – L’estate del 2006 Tacopina la passa a Duisburg. Ha amici in Figc, segue la Nazionale per tutta la durata del Mondiale, a Casa Azzurri conosce due persone che definisce ancora oggi amici: uno è Gigi Buffon, “il giocatore più intelligente che abbia incontrato, una grande persona”, l’altro è Daniele De Rossi, che poi avrebbe ritrovato alla Roma. “Daniele lo sento ancora, spesso. Continuo a ripetergli che non può chiudere la carriera senza aver giocato a Venezia. Dai, va bene Buenos Aires, ma chi non vorrebbe vivere almeno un anno a Venezia?”. Tacopina giura di aver tifato per De Rossi anche durante Italia-Usa 1-1.
Seguire una sua giornata tipo è impegnativo perché, quando è in Italia, Tacopina ha due vite: di giorno è il numero uno del Venezia, guarda i suoi ragazzi allenarsi sotto la pioggia, li incoraggia uno per uno anche se si vede che ha un debole per i più sfrontati, per i combattenti. Fuori dallo spogliatoio ha voluto una scritta, “always attack”, il basso profilo non fa per lui e i veneziani lo hanno capito: per le calli lo chiamano Pres e, nonostante la classifica non sia straordinaria, gli chiedono la Serie A.
Di notte invece inizia un’altra storia, quando il fuso orario con gli Stati Uniti è favorevole torna a occuparsi della sua attività principale, quella di avvocato. Due nomi diversissimi, giusto per capire di che cosa stiamo parlando: Chico Forti, detenuto in Florida dal 2000 per un crimine che dice di non aver mai commesso, e Jay-Z con tutti i suoi sostanziosi interessi. Mette sul tavolo i faldoni, si collega con il suo staff, legge e rilegge deposizioni e ricostruzioni. C’è da credergli quando dice che è stressante avere in mano la vita delle persone, c’è da stupirsi quando per la prima volta lo vedi accendersi un sigaro. E’ il 74’ di Venezia-Spezia. “E’ stato Moggi, tanti anni fa, a suggerirmi di fumarne uno ogni tanto. Ma solo quando sono veramente teso”.