Il percorso che dal campo porta alla panchina, soprattutto negli ultimi anni, sembra essersi fatto ormai quasi obbligato.
Sono ormai tantissimi i calciatori che, una volta appesi gli scarpini al chiodo, si mettono sui libri, cominciano a studiare, e dopo qualche anno finiscono dall’altra parte della barricata, confinati dentro un’area tecnica a dare indicazioni ai propri uomini.
Molto spesso, questo cambio d’abito porta con sé una vera e propria trasformazione; sono tanti gli allenatori che in campo avevano un certo stile, un certo modo di giocare, delle idee, e che una volta arrivati in panchina hanno cambiato radicalmente stile.
Ma in alcuni casi, il passaggio dal campo alla panchina non ha cambiato di una virgola il personaggio: è il caso, per esempio, di Giuseppe – per tutti Beppe – Iachini, che in campo era un centrocampista tutto grinta, e che in panchina ha portato con sé tutto quello che era in campo. In pratica, oggi, guardare una partita della Fiorentina significa anche ammirare lo spettacolo del suo allenatore che si agita, corre, urla insieme ai suoi.
Il percorso di Iachini calciatore inizia ad Ascoli Piceno, città in cui è nato, e prosegue a Verona, Firenze, Palermo, Ravenna e Venezia, per poi concludersi ad Alessandria.
Una carriera vissuta tra Serie A e Serie B, con l’unica parentesi in C a fine carriera, con la maglia dell’Alessandria.
Proprio in virtù del legame che riusciva a creare con l’ambiente e con i tifosi, molte di queste piazze le incontrerà anche in seguito, una volta deciso di appendere le scarpette al chiodo per dedicarsi alla panchina.
Come detto inizialmente Iachini agisce prevalentemente da mediano, ruolo che esalta le sue enormi qualità temperamentali e agonistiche. Per tutti è il “cagnaccio” che morde le caviglie degli avversari e non da un attimo di tregua.
Col passare degli anni riesce ad affinare anche una discreta tecnica, arrivando a ricoprire il ruolo di regista, anche se certamente la qualità non era la sua caratteristica principale.
L’avventura in panchina invece comincia a Piacenza, dove fa il vice allenatore di Walter Novellino mentre nel mese di Ottobre del 2001 inizia il suo rapporto di amore e odio con il presidente Maurizio Zamparini, all’epoca presidente del Venezia.
Ufficialmente il primo incarico da capo allenatore gli viene assegnato a Cesena, in Serie C, dove disputa un ottimo campionato fermandosi solo ai playoff, ad un passo dalla serie cadetta.
Da quel momento in poi Iachini non scenderà più ad allenare in serie C, barcamenandosi sempre tra la Serie B e la massima serie.
In particolare nella serie cadetta diventa ben presto uno specialista in promozioni, ottenendone ben 4 alla guida di Chievo, Brescia, Sampdoria e Palermo.
Proprio l’avventura al timone dei rosanero, dove ritrova Zamparini, è una delle più rappresentative dell’intera carriera: qui rimane dal 2013 al 2016 riuscendo a raggiungere traguardi importanti a livello personale e di club, allenando giocatori del calibro di Dybala, Vazquez e Belotti, solo per citare tre nomi che hanno scritto pagine importanti nella storia del Palermo e non solo.
Iachini è un allenatore esigente, che non permette distrazioni e cali di tensione, ma è anche uno che il talento, quando presente, lo sa riconoscere e valorizzare, e quel Palermo ne è la perfetta dimostrazione.
Il rapporto con il presidente rosanero, mano a mano che il tempo passa, si logora fino a diventare irrecuperabile e nonostante Iachini possa fregiarsi del titolo di allenatore che è durato più a lungo sotto la gestione Zamparini, alla fine viene pure lui fagocitato.
Le esperienze sulle panchine di Udinese, Sassuolo ed Empoli non sono indimenticabili, dopo di che arriva la Fiorentina.
I tifosi Viola già adoravano Iachini da calciatore e dopo l’esperienza fallimentare di Montella, con una squadra svogliata e apparentemente incapace di reagire alle difficoltà, lo scelgono per acclamazione. Durante la sosta natalizia di questa stagione viene ufficializzato il suo passaggio in Viola ed i risultati non tardano ad arrivare.
Beppe Iachini rimette in piedi, in pochissimo tempo, una squadra che sembrava allo sbando riuscendo a trasmettere tutta la propria grinta ai calciatori, che da quel momento iniziano a sputare sangue per la maglia.
Il tecnico, con l’immancabile cappellino che lo accompagna fin dagli esordi, allena ogni partita come se fosse questione di vita o di morte, arrivando al triplice fischio stremato e persino più stravolto dei suoi calciatori.
Di allenatori magari più preparati, moderni, spettacolari o innovativi, qualsiasi cosa vogliano dire questi termini, ce ne saranno sicuramente tanti ma se c’è bisogno di motivare un gruppo, combattendo con le unghie e con i denti, state sicuri che non ne troverete molti migliori di Beppe Iachini, mastino prima in campo e poi in panchina.