Negli ultimi anni vi sarà certamente capitato di imbattervi in una sua foto con la seguente didascalia: “Lo riconoscete? Ha giocato nel Milan e ora è diventato un bodybuilder“; la foto in questione, molto probabilmente, lo ritrae con i muscoli perfettamente definiti e in bella vista, con addosso una di quelle classiche canotte atte a mettere in risalto il fisico scolpito.
Il soggetto è José Mari, attaccante transitato anche dalle nostre parti con la maglia del Milan a cavallo tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000.
In effetti, di primo acchito, non è così scontato riconoscerlo, sia per la sorprendente trasformazione fisica rispetto a quando calcava i campi da calcio, sia perché il suo soggiorno in Italia, durato 3 anni, non è stato certo indimenticabile.
Su di lui la società rossonera aveva investito parecchi soldi, poco meno di 40 miliardi di lire, anche su consiglio di Arrigo Sacchi, che era stato l’allenatore di José Mari all’Atletico Madrid, sua ultima squadra prima di approdare in Italia.
L’allenatore di Fusignano ebbe l’intuizione di spostarlo al centro dell’attacco, dopo che nei primi anni a Siviglia e a Madrid era stato impiegato principalmente in posizione più defilata, in virtù delle buone capacità atletiche, tecniche e di uno spirito di sacrificio encomiabile. La mossa di renderlo un centravanti puro, dettata anche dalla contingenza di dover sostituire il partente Bobo Vieri, sembra pagare subito buoni dividendi: l’attaccante spagnolo oltre alla consueta generosità in campo inizia a garantire anche un discreto numero di gol ed il suo nome inizia ad essere accostato ad alcuni club italiani di prima fascia.
È una corsa a due tra la Roma di Fabio Capello, suo grande estimatore, ed il Milan di Alberto Zaccheroni, con i rossoneri che alla fine la spuntano grazie all’offerta irrinunciabile di cui vi abbiamo detto.
A Milano viene accolto con termini entusiastici sia dal tecnico, il quale si dice sicuro che il calciatore spagnolo farà addirittura meglio rispetto a Madrid, sia dal direttore sportivo Braida, che lo ritiene perfetto per il progetto del nuovo Milan.
Nonostante le premesse siano più che positive l’attaccante deve anche fare i conti con le pressioni e le aspettative altissime di un ambiente abituato a vincere. La concorrenza nel reparto offensivo è parecchio agguerrita con Shevchenko, arrivato nella stessa sessione di mercato di José Mari, e Bierhoff, difficilmente scalzabili.
L’avventura rossonera di José Mari si rivela fin da subito parecchio difficoltosa, complici anche diversi problemi fisici che affliggono l’attaccante e la difficoltà di trovargli una collocazione precisa sul terreno di gioco. Non segna abbastanza per fare la prima punta, d’altra parte in rosa c’è già uno come Bierhoff che può ricoprire solo quel ruolo, ma al tempo stesso non convince nemmeno quando viene schierato esterno nel tridente.
La stagione più positiva è indubbiamente la seconda, dove lo spagnolo si mette in evidenza soprattutto in Champions League, realizzando 5 reti tra preliminare e fase a gironi. In campionato però il suo utilizzo è sempre molto ridotto: scende in campo in 21 occasioni senza quasi mai completare tutti i 90 minuti e realizzando appena 2 reti.
L’ultimo anno a Milano coincide con la stagione 2001/2002, quando sulla panchina rossonera si avvicendano l’imperatore Fatih Terim e Carlo Ancelotti. Nella prima parte di stagione con il turco alla guida José Mari, complice un infortunio arrivato nel mese di Settembre, non vede mai il campo ma le cose vanno un po’ meglio quando arriva Ancelotti, che dimostra di avere fiducia nelle sue qualità. Rimane sempre l’equivoco tattico di fondo in quanto José Mari al Milan segna pochissimo e, per sua stessa ammissione fin dagli esordi con la maglia del Siviglia, si sente più una mezzapunta che non un attaccante vero e proprio.
“Appena sono passato al Siviglia, non mi hanno nemmeno dato il tempo di scegliere: tu vai in attacco, dopo avere visto la statura. Mi sentivo più mezza punta, segnavo tanto. Ho sempre sfruttato la corsa, una dote naturale. È una qualità strana per un andaluso: dalle mie parti, il calciatore tipo è portato al bel numero, magari è un po’ pigro e indolente” J. Mari intervistato dalla Gazzetta dello Sport
Terminata la sua terza stagione in rossonero fa i bagagli e torna in Spagna: nell’annata 2002/2003 veste nuovamente la casacca dei Colchoneros, poi passa al Villarreal, per 4 stagioni, mentre nel 2007 finisce al Betis, un ritorno a casa ma dalla parte opposta della barricata, dal momento che José Mari non ha mai nascosto il proprio tifo per il Siviglia, squadra con la quale ha esordito nel calcio professionistico.
Le sue ultime due squadre da calciatore sono il Gimnastic e lo Xerez, dove complice un campionato meno competitivo della Liga ritrova una discreta vena realizzativa.
Nel 2013, a trentacinque anni di età, decide di appendere le scarpette al chiodo per dedicarsi anima e corpo al mondo del bodybuilding.
Ripercorrendo la carriera di José Mari possiamo dire che è stato un attaccante decisamente atipico, troppo poco prolifico per poter ambire ad un posto di rilievo in una grande squadra e al tempo stesso non abbastanza tecnico da far passare in secondo piano gli oggettivi limiti sotto porta.