Chiunque di voi abbia una certa età ed è appassionato di calcio avrà sicuramente sentito parlare dell’Ancona di Mario Jardel, vera e propria squadra di culto della stagione 2003-2004, retrocessa matematicamente già a 10 giornate dalla fine del campionato e capace di conquistare appena 13 miseri punti al termine della stagione.
Le storie da raccontare di quella stagione nefasta sarebbero pressoché illimitate ma abbiamo deciso di concentrarci su quella che probabilmente è la vicenda più emblematica, il paradigma di un’annata iniziata in modo sbagliato e conclusasi ancora peggio.
La storia ha come protagonista Mario Jardel, attaccante brasiliano sulla cresta dell’onda negli anni a cavallo tra la fine dello scorso millennio e l’inizio del nuovo, capace di segnare valanghe di gol prima di sprofondare in una crisi senza fine, il cui apice è stato raggiunto proprio in quella sciagurata annata dell’Ancona.
Jardel approda in Italia dopo aver brillato prima in Brasile e poi in Europa, con le maglie di Vasco da Gama, Gremio, Porto, Galatasaray e Sporting Lisbona. Con queste squadre l’attaccante brasiliano ha vinto svariati campionati e Coppe, a cui vanno aggiunti numerosissimi riconoscimenti individuali, come ad esempio il premio di miglior marcatore della Copa Libertadores, nel 1995, o la Scarpa d’Oro conquistata nel 1999 e nel 2002. In questi anni l’attaccante nato a Fortaleza nel 1973 mette insieme più gol che presenze e non è un modo di dire.
Qualcosa però sta per accadere e l’anno di svolta, purtroppo per lui in negativo, è il 2002, quello in cui tra l’altro sono previsti i Mondiali in Corea e Giappone. Jardel, forte dei gol segnati a raffica e dei trofei conquistati, si aspetta la convocazione ma l’allenatore Luiz Felipe Scolari lo lascia a casa, laureandosi poi campione del Mondo col suo Brasile.
Per Jardel la botta è di quelle pesanti da incassare ed infatti il giocatore, come ammesso in più di un’intervista rilasciata successivamente al ritiro, sprofonda in una crisi mistica che lo fa sprofondare nella depressione, e forse anche qualcosa in più.
Prima di approdare in Italia fa una breve tappa in Inghilterra, al Bolton, nella prima parte della stagione 2003-2004, dove già si può intuire che quella nelle Marche non sarà un’esperienza indimenticabile, o meglio, lo sarà ma non nel senso sperato.
Jardel viene acquistato dall’Ancona nel mercato di Gennaio della stessa stagione, quando la squadra del proprietario Ermanno Pieroni e guidata da Nedo Sonetti, subentrato a Menichini dopo appena quattro giornate di campionato, è già in una situazione pressoché disperata. Arriva Jardel, insieme ad altri calciatori tra cui Dino Baggio, e fanno le valigie in diciotto, una vera e propria rivoluzione.
Già al momento della sua presentazione, in occasione di un Perugia-Ancona, si capisce come andrà a finire, cioè malissimo. Jardel, imbolsito e malinconico, fa qualche palleggio in palese stato di affanno prima di dirigersi con la sciarpa al collo verso la curva. Peccato che invece di andare sotto lo spicchio riservato ai tifosi dell’Ancona si diriga verso quello dei padroni di casa, fermato in maniera provvidenziale da compagni e dirigenti che tentano di riportarlo sulla retta via, senza peraltro riuscire ad evitargli una bordata di fischi.
Jardel esordisce in campionato contro il Milan, senza lasciare traccia, e toccherà il campo solo in altre due occasioni, prima che il suo contratto venga rescisso senza possibilità di appello. L’Ancona, nel frattempo, silura anche Sonetti e prende Galeone ma i risultati non cambiano di una virgola.
Prova a rilanciare la propria carriera girando il globo in lungo e in largo, con toccate e fughe in Brasile, Argentina, Portogallo, Cipro, Australia, Bulgaria e Arabia Saudita.
Nel 2012 decide di appendere le scarpette al chiodo anche se in realtà la sua testa ed il suo fisico avevano già smesso di giocare dieci anni prima.
A distanza di 16 anni dalla sua esperienza in Italia, un nuovo Jardel si è affacciato al nostro campionato: è il figlio Mario Jardel Jr., classe 1996 acquistato dall’Arzachena in serie D, attaccante proprio come il padre. Al momento è sceso in campo in 6 occasioni senza mai giocare più di 45 minuti a partita e senza realizzare alcun gol.
Di Mario Jardel invece sappiamo che dopo il ritiro ha iniziato a studiare per prendere il patentino da allenatore ed è impegnato nel sociale, dopo essere uscito dalla dipendenza, affinché i giovani ragazzi che si affacciano al mondo del calcio non commettano i suoi stessi errori.