“È unico nel mondo del calcio a causa del modo speciale in cui gioca. È un manager autentico, nessun altro gioca così. È una persona incredibile e speciale. È una mia opinione personale, ma sarà fantastico per il calcio inglese averlo in Premier League la prossima stagione“.
Abbiamo pensato che per introdurre Marcelo Bielsa, il protagonista di questa storia, non ci fossero parole più adatte di quelle pronunciate da uno dei suoi più grandi estimatori, nonché uno dei migliori allenatori del mondo: Pep Guardiola.
L’allenatore catalano, in una delle ultime conferenze stampa prima della fine della passata stagione, ha usato questi termini per complimentarsi con il collega appena promosso in Premier League con il Leeds dopo una fantastica cavalcata conclusa al primo posto nella seconda serie del calcio inglese.
Se pensate che Pep Guardiola esageri, o che le sue siano parole di circostanza, vi sbagliate di grosso. L’attuale tecnico del City non ha mai fatto mistero del proprio amore incondizionato nei confronti di Bielsa, indicandolo addirittura come l’allenatore migliore al mondo, stregato dal modo maniacale in cui l’argentino prepara le partite e dall’applicazione pratica di concetti che, sulla carta, sembrano quasi filosofici. Prima però di raccontarvi nei dettagli com’è nato il legame tra i due tecnici facciamo un salto indietro per vedere dove è cresciuto e dove si è alimentato il mito di Bielsa, che nel tempo ha raggiunto vette incredibili.
Marcelo Bielsa nasce come calciatore, di ruolo difensore, ed esordisce tra le fila del Newell’s Old Boys sul finire degli anni ’70. La sua carriera da calciatore, proseguita nell’Instituto di Cordoba e terminata nel Club Altetico Argentino di Rosario è molto breve e a 25 anni è già ora di appendere le scarpette al chiodo e dedicarsi alla panchina.
Da allenatore inizia come vince nel Newell’s e in seguito diventa allenatore delle giovanili, dove inizia a forgiare alcuni giocatori che di lì a qualche anno sbarcheranno in Europa e saranno sulla bocca di tutti. Passa poco tempo ed è evidente che il ragazzo è ormai pronto per guidare la prima squadra, che infatti gli viene affidata nel 1990, quando ha solo 35 anni.
L’ingresso nel grande calcio è trionfale: Bielsa conquista subito il campionato di Apertura con una rosa che può contare, tra gli altri, sull’apporto in difesa di Maurizio Pochettino, un altro che diventerà negli anni un grandissimo allenatore. Si ripete nel 1992 dove conquista il campionato di Clausura e centra la finale di Copa Libertadores, poi persa contro il San Paolo.
Già dai primi anni di carriera si intuisce che Marcelo Bielsa è un allenatore atipico, differente in tutto e per tutto da ciò che si è visto fino a quel momento, non solo in Argentina. La prima stranezza, se così vogliamo definirla, riguarda il fatto che pur nascendo con un’impostazione difensiva, dettata dal ruolo ricoperto da calciatore, la sua filosofia sembra essere diametralmente opposta. Da allenatore Marcelo Bielsa vuole una squadra propositiva, che attacchi senza sosta e non dia mai tregua all’avversario, anche se ciò vuol dire esporsi al rischio di subire qualche ripartenza.
Inoltre il tecnico argentino studia in modo maniacale, è un ossessivo-compulsivo che sfiora e spesso oltrepassa il flebile limite tra passione e malattia. Trascorre ore e ore davanti allo schermo dando da mangiare milioni di videocassette al povero registratore che a fine giornata è più esausto dei suoi calciatori, ognuno dei quali deve sapere esattamente come muoversi e quale spazio attaccare anche quando la palla è da tutt’altra parte. Oggi può sembrare un concetto piuttosto normale ma all’epoca non era affatto così.
In poco tempo Marcelo Bielsa diventa per tutti “El Loco”, il pazzo. Non solo per questa attenzione maniacale verso i dettagli ma proprio perché, molte volte, si fa fatica a comprendere le sue elucubrazioni in conferenza stampa, dove si intrattiene anche per ore a spiegare ogni sua scelta tattica.
In Argentina vince ancora un campionato di Clausura, nel 1998, alla guida del Velez Sarsfield, dopo di che viene nominato allenatore dell’Espanyol. È il 1 Luglio quando firma il contratto che lo lega alla società spagnola ma a Settembre arriva una di quelle chiamate che non si possono proprio rifiutare, ovvero quella dell’Albiceleste. Sono trascorsi appena due mesi da quando è in Spagna ma Bielsa fa le valigie e accetta l’incarico di guidare l’Argentina. Si trasferisce a vivere nel centro tecnico della Federazione Argentina dove dorme in una stanza minuscola perché lo spazio più grande, per sua stessa ammissione, gli serve per stipare le oltre 7000 videocassette che deve studiare.
L’Argentina nel girone di qualificazione ai Mondiali di Corea e Giappone del 2002 incanta, gioca bene e vince trascinata dal proprio condottiero in panchina.
La spedizione in Oriente, però, si rivela fin da subito un fallimento con l’Argentina costretta all’eliminazione già dopo la fase a gironi. Una delusione terribile, da cui il tecnico, additato come principale responsabile dagli organi di stampa, fa fatica a riprendersi.
Supportato dai giocatori, che rimangono dalla sua parte, continua l’avventura e nel 2004 arriva in finale di Copa America dove incontra il Brasile. L’Argentina sembra potercela fare, è avanti per 2-1 quando manca pochissimo alla fine ma non ha fatto i conti con l’Imperatore. Adriano impatta sul 2-2 e alla fine il Brasile si impone ai rigori.
Nel 2004 però arriva finalmente anche una soddisfazione quando il Loco guida la spedizione Olimpica argentina alla conquista della medaglia d’oro; è una squadra formidabile che comprende, tra gli altri, Mascherano, Tevez e Saviola.
Un successo che, a quanto pare, non è sufficiente a dissipare i dubbi e a spazzare via le delusioni, umane e sportive. Marcelo Bielsa rassegna a sorpresa le proprie dimissioni nel 2004 e si ferma in attesa della chiamata giusta. Si ferma per modo di dire dal momento non c’è un giorno che el Loco non lo passi a studiare calcio, pur essendo a tutti gli effetti disoccupato.
La chiamata arriva nel 2007, a ben 3 anni di distanza dall’ultimo incarico con l’Argentina, e a volerlo è un’altra squadra Nazionale: il Cile. Sotto la sua guida “la Roja” si qualifica per i Mondiali di Sudafrica 2010 dove arriva fino agli ottavi di finale prima di uscire per mano del Brasile, ancora una volta il maledetto Brasile. È comunque un risultato storico per la Nazionale, che mai fino a quel momento aveva vinto due partite in una fase finale di un Mondiale. Nonostante firmi un prolungamento di contratto fino al 2015, già nel 2011 si dimette per via di alcuni dissapori con i vertici federali ma il suo addio non scalfisce l’amore incondizionato che i cileni provano nei suoi confronti. Alla fine il suo bilancio alla guida della Nazionale cilena recita 34 vittorie su 66 match disputati ma prima ancora dei risultati a fare la differenza è la connessione umana che l’allenatore riesce ad instaurare con la gente, che lo considera a tutti gli effetti uno di loro.
L’approdo in Spagna, che doveva avvenire nel 1998 avviene invece tredici anni più tardi quando viene nominato allenatore dell’Athletic Bilbao. A qualcuno può sembrare una scelta strana, dopo aver guidato Argentina e Cile, quella di sedersi sulla panchina della squadra basca, senza grosse ambizioni, ma chi lo conosce sa perfettamente che è nel perfetto suo stile. A Bielsa non interessa la grande squadra piena zeppa di campioni, el Loco predilige la sfida continua, l’insegnamento, l’ambizione di costruire qualcosa di grande partendo dal basso.
L’Athletic Bilbao è protagonista di un cammino stupefacente in Europa League, dove fa fuori PSG, Manchester United e Schalke 04 e approda in finale contro l’Atletico Madrid. Anche in Coppa del Re i ragazzi del Loco raggiungono la finale, dove ad attenderli c’è invece il Barcellona di Guardiola.
Bielsa perde entrambe le finali per 3-0 ma vi ricorderete che all’inizio di questa storia abbiamo parlato del rapporto del tecnico argentino e Pep Guardiola, rapporto che proprio in occasione di questa finale viene cementato ufficialmente.
Dopo la sconfitta Bielsa decide di fare un regalo particolare a Guardiola, inviandogli i suoi fogli con tutta l’analisi approfondita del Barcellona, frutto di giornate di studio che poi sul campo non hanno dato i loro frutti, come purtroppo molte volte accade. Un omaggio del tutto insolito che Guardiola riceve con non poco stupore dichiarando: “Ne sai più tu del Barcellona di quanto non ne sappia io.”
Una battuta, ma fino a un certo punto.
Dopo aver guidato la squadra basca Bielsa va in Francia dove lo aspetta l’Olympique Marsiglia. Anche qui, nonostante il campionato da esordiente e la squadra nuova, l’impatto è subito devastante. L’OM gioca benissimo e per larghi tratti della stagione si ritrova addirittura in testa prima di un brusco calo nella seconda parte di stagione che prende avvio da un pareggio bruciante contro i rivali del PSG. Un pareggio immeritato perché l’OM gioca decisamente meglio e subisce alcuni episodi arbitrali controversi, in particolare l’annullamento di un gol a Gignac. A fine partita, con i suoi ragazzi distrutti e inconsolabili, Marcelo Bielsa si produce in uno dei discorsi più belli di sport mai ascoltati il cui passaggio chiave è in queste semplici parole: “Anche se vi sembra assurdo accettate l’ingiustizia, perché alla fine tutto si equilibra”.
La seconda stagione alla guida del Marsiglia inizia con una sconfitta e con l’allenatore che, a sorpresa ma non troppo visti i dissidi interni con la società ed i precedenti, rassegna le proprie dimissioni.
Sembra fatta per vederlo finalmente in Italia, alla guida della Lazio, ma alla fine el Loco si tira indietro adducendo come motivazione il fatto che Lotito e Tare non abbiano esaudito alcune sue richieste di mercato.
Bielsa alla fine non mette piede in Italia ma continua in Francia, al Lille. Qui il rapporto non decolla, la squadra fatica enormemente ad ingranare e si ritrova in fondo alla classifica a Dicembre quando il tecnico, senza il consenso della società, vola in Cile per motivi personali. Viene licenziato per giusta causa e nel Giugno del 2018 inizia una nuova avventura, questa volta in Inghilterra alla guida Leeds.
La prima stagione parte alla grande ma come già successo a Marsiglia la squadra ha un calo nella seconda parte e alla fine non riesce a centrare la promozione. I ragazzi però continuano a seguirlo e l’anno successivo, quello che si è da poco concluso, termina trionfalmente con la vittoria del campionato e la promozione in Premier League, a sedici anni di distanza dall’ultima volta.
Anche in Inghilterra non sono mancate le pazzie del Loco, la più celebre delle quali è certamente la spy story alla vigilia della sfida contro il Derby County di Frankie Lampard, quando un emissario dell’allenatore è stato scoperto mentre di nascosto cercava di carpire i segreti degli avversari. Bielsa non ha cercato di nascondersi dietro un dito o di addurre scuse improbabili, ha semplicemente ammesso quello che per lui è un fatto assolutamente normale. Voleva studiare l’avversario in ogni modo possibile, legale o meno non ha importanza.
La grandezza del Loco sta in tutte queste cose e probabilmente va oltre ciò che chiunque di noi è in grado di immaginare, basti pensare che il Newell’s gli ha intitolato addirittura lo stadio, cosa che quasi mai si è vista per una persona ancora in vita.
L’impronta che ha lasciato Marcelo Bielsa in ogni squadra in cui è andato è certamente indelebile, non solo per i traguardi sportivi raggiunti ma anche per i principi che è stato in grado di ispirare e che ancora porta avanti, con incredibile devozione e rispetto per un gioco che gli assorbe ogni energia che ha in corpo.