L’attaccante olandese è stato uno dei più amati, ma anche dei più sfortunati.
“Dove troveremo un altro cosi?”
Titolava la Gazzetta dello sport, il giorno dopo l’annuncio del suo ritiro.
In 85 partite in cui ha segnato in rossonero, il Milan non ha mai perso. Mai. Ci fosse una gara per la statistica più impressionante di sempre, questa sarebbe in corsa sicuramente.
Esordì tra i professionisti con la sostituzione più famosa di sempre: Fuori Cruyff, dentro lui, come a dire: se devi prendere il posto di qualcuno, prendi il suo.
Lui è Marco Van Basten, il “Cigno di Utrecht”, sicuramente tra i primi tre centravanti più forti di tutti i tempi.
Nell’Ajax, tra il 1983 e il 1986, fa cose strabilianti, regala gol straordinari e attira su di sè le lusinghe del nuovo ambizioso Milan di Silvio Berlusconi. Il presidente riesce a vincere la concorrenza e lo porta nella gelida Milano.
E’ l’inizio della leggenda. Marco, insieme ad una squadra di assoluto livello, che annovera giocatori fantastici come i connazionali Gullit e Rijkaard, o come Baresi, Maldini e Donadoni, vincerà tutto. Scudetti (4), Coppe Campioni (2), Palloni d’oro (3), il “Cigno” è un rullo compressore, ma non si accontenterà di vincere “solo” a livello personale e di Club.
Nel 1988 Marco porterà l’Olanda a vincere il suo primo e unico titolo Europeo, grazie anche al suo leggendario gol in finale all’Urss, tra i più belli della storia per difficoltà d’esecuzione.
Purtroppo però come tutti i supereroi, anche Marco ha un punto debole. La cartilagine della caviglia lo turberà per gran parte della sua carriera, limitandogli la possibilità di diventare ancora più grande.
A 29 anni giocherà la sua ultima partita nella triste finale di Monaco di Baviera contro l’Olympique Marsiglia, persa dai rossoneri con un Van Basten che faticava addirittura a correre. Volle a tutti i costi giocare, per poi rendersi conto che aveva bisogno di un’altra operazione, l’ennesima della sua carriera.
Nel ’95 provò a riaggregarsi ai compagni, ma pochi giorni dopo convocò una conferenza stampa e tra lo stupore generale esordì dicendo:
“La notizia è breve. Semplicemente ho deciso di smettere di fare il calciatore”.
Un brivido percorre la schiena di tutti i giornalisti presenti e di tutti i tifosi davanti alla tv. Incredulità, sconcerto e tanta tristezza. Il “Cigno di Utrecht” non avrebbe mai più riaperto le sue ali, Il tulipano si era ormai appassito, sotto il peso della sua “maledizione”.
Maradona disse: “Marco si è fatto male proprio quando stava per diventare il migliore di tutti”.
Quando si è ritirato, ha fatto piangere persino Capello, non uno dal fazzoletto facile. Anni dopo il ritiro di Marco Van Basten, lo scrittore e poeta, nonché appassionato di calcio, Carmelo Bene dirà:
“Il lutto in me per il suo precoce ritiro non si estingue ancora e mai si estinguerà.”
E probabilmente in molti la pensano esattamente come il compianto Carmelo.
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