“Ho fatto tante scelte sbagliate e, se potessi tornare indietro, le cambierei tutte…”
Alti e bassi. Cadute e risalite.
La storia della sua carriera.
Dopo una fugace apparizione nell’Inter, squadra che lo ha scoperto e portato in Italia prelevandolo dalla Dinamo Bucarest, si fa conoscere a Verona, dove segna ben 12 gol.
Ma nonostante quelle dodici reti non bastino a salvare l’Hellas da un’amara retrocessione in serie B, attira comunque su di sé gli occhi del Parma, che gli dà l’occasione di esplodere una volta per tutte.
E in Emilia, con mister Cesare Prandelli in panchina a fare da chioccia, si consacrerà definitivamente: 18 gol, infiniti assist, magie su magie.
Con l’imperatore Adriano poi forma una delle coppie più forti e complete di quegli anni.
Tanti club piombano su di lui, ormai lo vogliono tutti.
Sembra quasi fatta con la Roma, Totti spinge per giocare insieme a lui. Ma alla fine è il milionario e ambizioso Chelsea del neo patron Abramovič a staccare l’assegno più alto.
Tutto sembra presagire ad una sua affermazione continentale definitiva.
A Londra sarà invece un vero e proprio incubo.
Dopo appena una stagione poco fortunata verrà trovato positivo alla cocaina e licenziato dal club: è l’inizio del calvario.
«Era facile sbagliare: ero giovane e famoso, a Londra andavo dappertutto e mi trattavano da re. Poi qualcuno forse si è stufato di me. Ma niente scuse, sono stato ingenuo, sono stato un pollo».
Adrian sbaglia e ne paga le conseguenze: multa milionaria e squalifica di 9 mesi.
La sua carriera ad alti livelli sembra già finita.
Ma scontata la lunga squalifica, è la Juventus, o meglio, Fabio Capello, a volerlo a tutti i costi alla sua corte.
In una Juve piena zeppa di attaccanti meravigliosi (David Trezeguet, Zlatan Ibrahimovic, Alessandro Del Piero), Don Fabio lo reinventa esterno sinistro pur di non rinunciare al suo talento e Adrian non delude le attese: prestazioni di alto livello e soprattutto 11 centri stagionali, da laterale di centrocampo: la rinascita è conclusa.
Ma deve ancora arrivare “l’amore calcistico della sua vita”, come ammetterà lui stesso: la Fiorentina.
A Firenze, dove ritrova Prandelli, è stato davvero uno dei più forti della serie A, di quella serie A.
16 gol in 30 partite di serie A il primo anno, 17 in 29 il secondo, 13 in 19 il terzo: una media gol impressionante, una vera e propria sentenza.
Mutu-Toni, Mutu-Pazzini, Mutu-Gilardino… Era sempre poesia.
Erano poesia oltre ai suoi gol, anche le sue giocate, i suoi assist: un giocatore che faceva letteralmente innamorare, che riprendeva da solo le partite, che le decideva da solo.
E quell’inchino alla curva, la sua curva…
Sembra ieri quando, dopo ogni gol correva lì, sotto la “Fiesole”, ad inchinarsi a quei tifosi che lo hanno amato intensamente nonostante il carattere.
“A Firenze mi sono sentito amato come in nessun altro posto al mondo”.
Sì, perchè da quelle parti giocatori così, pur con i loro difetti e gli errori commessi, non riescono a non amarli follemente.
Da quelle parti è stato più di un calciatore.
È stato un idolo.
È stato Adrian Mutu.