Quando si è “vissuto” così tanto da essere dimenticati.
E’ stato il primo Pallone d’Oro della storia. E’ stato uno dei pochi calciatori ad aver giocato fino ai cinquant’anni, grazie anche alla sua rigorosa dieta a base di verdure e al suo essere astemio.
Nel corso della sua carriera non ricevette alcuna sanzione disciplinare. In molti tra avversari, ex compagni e colleghi sottolinearono sempre, oltre che l’immenso talento come calciatore, la sua grande statura morale.
È l’unico calciatore ad aver ricevuto una “Knight Bachelor” (onorificenza, rango cavalleresco più antico costituito in Inghilterra) prima del ritiro.
E’ stato quell’uomo che ogni estate si recava in Africa per allenare ragazzini locali senza mezzi economici, passando da Nigeria, Ghana, Uganda, Tanzania e Sudafrica.
“L’uomo nero con la faccia bianca” lo chiamavano gli africani.
È stato uno di quelli che proprio in Sudafrica, durante l’Apartheid, guidò una squadra composta completamente da calciatori di colore, sfidando il razzismo becero e lanciando un segnale al mondo dello sport.
Eppure se chiedi in giro di lui, pure tra gli addetti ai lavori, pochi lo conoscono o sanno quanto sia stato importante per la storia del calcio inglese e mondiale Sir Stanley Matthews.
Ma la sua è una storia incredibile, una di quelle degne di essere ricordate e raccontate.
Nato il 1º febbraio 1915 a Stoke-on-trent, nella contea dello Staffordshire in Inghilterra, sir Matthews iniziò a giocare proprio nello Stoke City, dove giocò inizialmente dai 16 ai 24 anni, prima che scoppiasse la Seconda guerra mondiale.
Era il 1939 infatti quando la guerra stravolse le vite di quasi tutti gli europei, inglesi compresi, costringendo molti uomini ad andare sul fronte o combattere.
Anche un campione del calcio come Matthews, che all’epoca guadagnava il salario massimo per un calciatore, fu costretto ad arruolarsi.
Perse 6 anni di professionismo a causa della guerra (fu arruolato nella Royal Air Force, l’Aeronautica militare del Regno Unito), poiché la Football Association non svolse nessuna competizione professionistica durante il conflitto.
Tornò a giocare a livello professionistico nel 1946, a 30 anni, ma pochi mesi dopo un altro triste evento segnò inesorabilmente la sua vita.
Proprio in quell’anno giocò insieme al suo Stoke City quel maledetto quarto di finale di FA Cup contro il Bolton Wanderers, in quello che verrà ricordato come The Burnden Park disaster, una delle più grandi tragedie del calcio inglese: crollarono le tribune dello storico stadio di Bolton, causando la morte di 33 persone e il ferimento di quasi 500.
Rimase talmente scioccato sir Stanley che stava quasi per lasciare il calcio.
Dopo aver donato gran parte dei suoi risparmi per il fondo del disastro, si prese delle settimane di clausura personale per riflettere.
Fortunamente si convinse a continuare, anche perché aveva una promessa da mantenere…
Jack Matthews, ex pugile e papà di Stanley, in letto di morte strappò al figlio una promessa: quella di riuscire a vincere una FA Cup in suo onore.
Ma nonostante le tante finali disputate con le uniche due squadre della sua carriera, Stoke e Blackpool, sir Stan sembrava davvero non potesse mantenere la promessa fatta al padre, viste le ripetute sconfitte.
Ma quando sembrava ormai sulla via del tramonto, a 38 anni suonati, Matthews porta finalmente a casa la tanto attesa FA Cup, sfornando una prestazione fantastica in finale, in quella che è ancora ricordata, nonostante la tripletta del centravanti Stan Mortensen, come la “finale di Matthews”…
2 maggio 1953, Wembley stadium, 100mila spettatori stimati sugli spalti.
Dopo il primo tempo la coppa sembra essere già in mano dei Wanderers, che conducono per 3-1. Ma Matthews e Mortensen non sono affatto d’accordo.
C’è un “>video riguardante la partita su Youtube: l’epoca è quella che è, i portieri e i ritmi anche, ma ogni qualvolta prende palla Matthews sulla fascia destra sembra come non c’entrare nulla con quell’età anagrafica, con quegli anni, con quel calcio.
Curiosa una frase del commentatore su Sir Matthews: “What an end to a great career!”. L’inglese giocò altri dodici lunghi anni dopo quella finale.
Due stagioni dopo, ormai quarantenne, Stanley Matthews continuava ancora a giocare e a trascinare i compagni più giovani, tanto da convincere Tom Whittaker, allora coach dell’Arsenal, a tentare di portare il giocatore ai Gunners offrendogli un ricco salario.
Ma Matthews non volle spostarsi e il Blackpool raggiunse uno storico secondo posto dietro al Manchester United.
Il primo Pallone d’oro
E fu proprio questa la storica stagione in cui fu nominato vincitore della prima edizione del Pallone d’oro, a 40 anni, battendo nientemeno che il leggendario Alfredo Di Stéfano per 3 voti (47 a 44).
Storie lontane, storie d’altri tempi…
Continuerà a giocare per i “Mandarini” (the Tangerines) del Lancashire ancora per sei stagioni, prima di lasciarli nel ’61: a 46 anni per molti sir Matthews sembra ormai agli sgoccioli.
Sembra, ma non è così. La storia della sua carriera deve ancora vivere un’altra meravigliosa impresa. Il richiamo di casa si fa sentire, lo Stoke City, sprofondata in Second Division, ha bisogno del suo eroe per risalire. Lui risponde presente e a la stagione dopo riporta i “Potters” in First Division, come nelle favole.
La sua ultima partita professionistica avvenne il 6 febbraio 1965, a 50 anni compiuti, contro il Fulham.
In nazionale ha giocato due mondiali (1950 e 1954), sfiorando quello del 1958. Nella partita del 6 ottobre 1956 contro l’Irlanda del Nord, a 41 anni e 248 giorni, divenne il giocatore inglese più anziano a segnare una rete in una partita internazionale.
Nel match contro la Danimarca di quasi un anno dopo poi, divenne il giocatore più anziano di sempre a rappresentare l’Inghilterra a 42 anni e 104 giorni.
La sua carriera con la Nazionale inglese fu quella più longeva di sempre.
La sua vita, il suo esordio precocissimo, la guerra, il suo non voler mai accettare offerte di grandi club per sfidarle, le sue “campagne d’Africa”, la sua longevità, la promessa mantenuta:
Quanta vita che ha vissuto Sir Stanley Matthews…