“The last dance red”. La cavalcata 1989-90 fu l’ultimo ballo rosso, dopo trentaquattro titoli complessivi in diciotto anni, tra cui undici titoli inglesi, quattro Coppe Campioni e due coppe UEFA.
Una vera e propria epopea quella del Liverpool, che ha visto nei leggendari Bill Shankly e Bob Paisley, e nei loro successori Joe Fagan e Kenny Dalglish, gli artefici di un periodo incredibile per il club del Merseyside, a cavallo tra anni settanta e ottanta.
Quella lontana stagione inglese di trent’anni fa vide il ritorno in First Division (il nome Premier League lo prenderà qualche anno dopo, nel 1992-93) di club come Chelsea e Manchester City, a dimostrazione di come fossero dannatamente altri tempi.
Il campionato precedente si chiuse con la vittoria al fotofinish dell’Arsenal di George Graham, che riuscì ad avere la meglio proprio sul Liverpool solo grazie alla differenza reti e che ispirò Nick Hornby in quel capolavoro chiamato Febbre a 90’ , opera che avrà poi un grandissimo successo e che renderà celebre lo scrittore britannico. Romanticissima poi la classifica finale di quella stagione, con squadre come Nottingham Forest, Derby County e Norwich occupare rispettivamente la terza, la quarta e la quinta posizione.
Passata quella stagione il Liverpool di Dalglish (allenatore – giocatore dei reds dal 1985 al 1991) tornò a fare la voce grossa e, grazie ai suoi due pezzi da novanta come Ian Rush e John Barnes, autori di 40 marcature in due (18 il primo, 22 il secondo), e complice un Arsenal subito fuori dai giochi, vinse il suo diciottesimo titolo con un turno di anticipo, il settimo in dieci anni.
Sembrò ai più una vittoria come tante, visto che i reds avevano ormai abituato l’Inghilterra intera alle loro imprese in quegli anni.
Nessuno poteva immaginare che quello sarebbe stato l’inizio di un periodo di magra in campionato protrattosi fino ai giorni nostri.
Trent’anni senza vincere un titolo inglese.
E seppur con l’aggiunta negli anni di altre due Champions League, una Coppa UEFA, due supercoppe UEFA oltre che la prima Coppa del mondo per club della storia, vinte grazie alle imprese di altri campioni come il Pallone d’oro Michael Owen, “crazy horse” Steve McManaman, capitan Steven Gerrard, fino ad arrivare alle star del momento Van Dijk, Momo Salah, Sadio Mané e via discorrendo, quella della Premier League – mai vinta dalla sua istituzione – è una vera e propria maledizione.
Maledizione che sta per essere spezzata, COVID permettendo, da un simpatico e bizzarro ma tremendamente capace tedesco di Stoccarda, di nome Jurgen Klopp, che ha già mostrato a Inghilterra e mondo intero in questi ultimi anni come sia uno dei più grandi allenatori della storia.
Dopo aver totalizzato qualcosa come 95 punti nella passata stagione e non esser comunque riuscito a riportare il titolo ad Anfield Road, in molti pensavano che fosse ormai una battaglia persa.
Invece, contro ogni aspettativa (visto il valore dei rivali) la Premier League di quest’anno è stata completamente a senso unico.
Venticinque punti di vantaggio sui campioni in carica del Manchester City di Pep Guardiola a nove giornate dalla fine, record su record spazzati via, una cavalcata mai messa in discussione e che sta per avere finalmente il suo tanto desiderato epilogo con la ripresa del campionato, dopo il lockdown imposto dal governo britannico per il coronavirus.
La ripresa è ormai prossima (il 17 giugno si riparte “se vi saranno le condizioni di sicurezza necessarie” stando alla Football Association) e il calcio heavy metal del grande stratega teutonico e delle sue stelle ormai planetarie sta per conquistare finalmente la tanto agognata prima Premier League nella storia red.
Ed è affascinante vedere come anche per un glorioso club come il Liverpool, ci sia ancora una prima romantica volta.