Dalla partenza di Roberto Carlos, avvenuta nel 1996, l’Inter ha sempre faticato enormemente a trovare un sostituto che fosse all’altezza del brasiliano per ricoprire la fascia sinistra, un giocatore in grado di contribuire sia in fase difensiva che soprattutto in fase offensiva, ancora meglio se con qualche gol in canna.
Dopo i primi tentativi falliti miseramente arriva la stagione 2000-2001 che sembra quella buona: il nome del nuovo terzino sinistro viene caldeggiato da Marco Tardelli, all’epoca ct della Nazionale Under 21 che non sa ancora che di lì a qualche mese finirà proprio sulla panchina dei nerazzurri.
In occasione di un match contro i pari età della Slovacchia, Tardelli rimane impressionato da un ragazzo che gli ricorda, per movenze e caratteristiche tecniche, proprio il brasiliano dal mancino folgorante.
Il ragazzo in questione si chiama Vratislav Greško, ha 23 anni e nell’estate di quella stagione si accasa all’Inter. Non è un signor nessuno, oltre a militare nella Nazionale under 21 ha già una stagione disputata in un campionato di buon livello, la Bundesliga, ed infatti i nerazzurri devono sborsare 14 miliardi di lire per poterlo prelevare dal Bayer Leverkusen, non proprio una cifra irrisoria per un terzino sinistro.
L’impatto con la Serie A non è dei migliori, per usare un eufemismo, e Gresko alterna prestazioni appena sufficienti ad altre completamente disastrose, in cui sembra trovarsi sul terreno di gioco quasi per caso, senza sapere come muoversi e cosa fare del pallone.
Non eccelle in niente: non è veloce, ha una tecnica di base alquanto modesta, difensivamente è acerbo e il suo apporto alla manovra offensiva, in termini di gol e assist, è pressoché nullo.
Insomma, è quanto di più lontano possa esistere da Roberto Carlos, che pure aveva ricevuto diverse critiche nel suo periodo a Milano, principalmente per la sua scarsa attitudine difensiva.
Marco Tardelli subentra a Marcello Lippi dopo la sconfitta alla prima giornata di campionato contro la Reggina e anche lui, ben presto, deve arrendersi all’evidenza che quel paragone con Roberto Carlos non sta né in cielo né in terra, da qualsiasi parte ed in qualsiasi modo lo si voglia leggere.
Dopo di che, intendiamoci, Vratislav Greško non è nulla di particolarmente più tragico di quelli che sono passati in quegli anni, almeno nella sua prima stagione in nerazzurro.
C’è però un evento che fa da spartiacque, che si verifica nella sua seconda e ultima stagione all’Inter, che lo relegherà per sempre a stare dalla parte sbagliata della storia: un ricordo negativo indelebile all’interno del ricordo negativo indelebile per antonomasia della storia nerazzura, ovvero il 5 Maggio.
Le premesse le conoscete tutti ma facciamo un brevissimo ripasso per contestualizzare: siamo all’ultima giornata del campionato 2001-2002 e l’Inter, allenata da Hector Cuper, affronta la Lazio allo stadio Olimpico con 1 punto di vantaggio sulla Juventus e 2 sulla Roma. È padrona del proprio destino ma deve vincere; le premesse sembrano quelle ideali in quanto l’Inter, pur giocando in trasferta, è come se giocasse tra le mura amiche: interisti e laziali sono gemellati e quasi tutto lo stadio è schierato apertamente verso Ronaldo e soci.
In molti si aspettano una passeggiata dei nerazzurri, poco più che una formalità, ancor di più dopo aver visto Vieri aprire le marcature dopo appena 12 minuti di gioco. Dall’altra parte però i biancocelesti fanno la loro partita e soprattutto uno di loro sembra tarantolato, Karel Poborsky.
L’esterno d’attacco della Repubblica Ceca si trova spesso come avversario diretto proprio Vratislav Greško, che puntualmente viene saltato senza pietà. Poborsky segna il gol del pareggio ma l’Inter riesce a portarsi nuovamente in vantaggio con Di Biagio, lo spavento sembra passato.
Arriva però il 45’ e l’incubo si rimaterializza: è di nuovo Poborsky a portare i suoi in parità, sfruttando la clamorosa indecisione del terzino sinistro dell’Inter.
Greško, nel tentativo di appoggiare di testa il pallone al proprio portiere, finisce per servire involontariamente l’avversario che deve solo scartare il cioccolatino e ringraziare. Il resto è storia: l’Inter perderà quella partita 4-2 e, di conseguenza, lo scudetto. Chiuderà addirittura al terzo posto, beffa delle beffe.
Un evento che segna irrimediabilmente la carriera di Greško, che infatti nella sessione di mercato estiva viene immediatamente spedito lontano da Milano, in prestito al Parma, nello scambio che porta Almeyda in nerazzurro.
Con i ducali le cose non vanno meglio, in quanto l’esterno slovacco scende in campo solo in 5 occasioni prima di essere ceduto a nella sessione invernale al Blackburn, in Inghilterra, dove ritrova un minimo di serenità senza comunque impressionare particolarmente.
Nel 2006 torna in Germania, prima al Norimberga e poi al Leverkusen, la squadra dalla quale l’Inter lo aveva acquistato sperando di farne un punto fermo della fascia sinistra.
Le cose, come abbiamo visto, non sono andate nel modo sperato e Vratislav Greško, pur non essendo probabilmente tra i peggiori in assoluto transitati da Appiano Gentile, ha finito per pagare a caro prezzo quella sciagurata giornata di Maggio e quella leggerezza costata uno scudetto.
La sua consolazione, dopo il calcio, è stata il teatro, attività portata avanti dopo il ritiro avvenuto nel 2015. Chissà che gli sia servito per metabolizzare, a distanza di anni, quell’incredibile epilogo del suo biennio in nerazzurro.
“Bisogna prendersi le proprie responsabilità. Mi prendo le mie, ma erano altri quelli che quel giorno dovevano essere decisivi”.