L’allenatore è il condottiero di una squadra, l’uomo dal quale tutto nasce e nella cui mente tutto si crea.
È inevitabile, quindi, che molti di loro diventino dei veri e propri eroi, dei personaggi di culto da venerare e da portare nel cuore, perché sono proprio le gesta degli allenatori a contribuire all’epica del calcio, a costruire quello che poi vediamo in campo durante i 90 minuti.
Tutti noi abbiamo i nostri allenatori preferiti, quelli ai quali ci siamo affezionati; può essere per motivi di cuore, visto che magari hanno allenato la nostra squadra e ci sono rimasti dentro. Oppure, perché ammiriamo il loro gioco, le loro idee, il loro modo di mettere in campo le squadre. O, ancora, possiamo rimanere affascinati dal loro carisma, dalla loro simpatia o dalla loro parlantina in sede di intervista.
Insomma, è davvero molto facile innamorarsi degli allenatori. Questi cinque, scelti in una rosa decisamente più ampia, sono i nostri preferiti, i cinque che ci fanno battere il cuore all’impazzata e che non ci stancheremmo mai di ammirare.
Come sempre, ricordate una cosa: a noi le cose semplici non piacciono, e ammiriamo un certo stile di calcio, che forse può non essere gradito a tutti.
I 5 allenatori dai quali ci faremmo guidare in battaglia
1Beppe Iachini
Il suo inconfondibile cappellino lo accompagna ovunque, ed è diventato ormai un’icona di stile. Il buon Beppe, in panchina, si agita, sbraita, urla e rimprovera chiunque gli capiti a tiro, nel tentativo di smuoverne l’animo. Noi, se avessimo l’opportunità di giocare una partita in Serie A agli ordini di Beppe Iachini – ma non l’avremo mai, perché abbiamo due ferri da stiro al posto dei piedi – daremmo il 101% di quello che abbiamo in corpo, ne siamo certi.
I sapientoni del calcio, in genere, etichettano il calcio di Beppe Iachini come troppo difensivo. Poveri voi che non sapete quello che vi perdete.
2Serse Cosmi
Serse Cosmi è sulla cresta dell’onda da ormai parecchi anni, da quando ha conquistato la fama nazionale con il suo Perugia. Un personaggio cresciuto sicuramente anche con le imitazioni di Crozza a Mai Dire Gol (indimenticabili le minacce di Cosmi/Crozza a Fabio Liverani) e che però ha saputo diventare un vero e proprio allenatore di culto.
Voce perennemente roca, sguardo costantemente truce, polemica sempre pronta, ma soprattutto tanta schiettezza. Noi, per Serse Cosmi, andiamo totalmente fuori di testa.
3Nedo Sonetti
Il Caronte di Piombino, il Traghettatore per eccellenza. Quando le cose si facevano sporche, quando c’era da portare in salvo qualche squadra imbarcatasi in situazioni decisamente pericolose, Lui c’era sempre.
Un noto striscione recitava così: “con Nedo non retrocedo”. E, infatti, fino a qualche tempo fa, quando saltava qualche panchina, c’era sempre la sua ombra a vegliare, era lui la prima ipotesi messa in campo per salvare squadre che sembravano spacciate. Adesso l’età non gli consente più di intraprendere certe imprese, ma state pur certi che, fosse stato ancora sulla cresta dell’onda, per la panchina del Milan sarebbe sbucato fuori anche il suo nome.
4Davide Ballardini
Quando la panchina del Genoa ha cominciato a traballare, con Andreazzoli in pericolo, per un po’ ci abbiamo sperato. Poi, però, la delusione si è fatta grande quando tra i vari candidati alla panchina del Grifone non è venuto fuori il nome di Davide Ballardini.
In questi anni abbiamo imparato ad amarlo, soprattutto quando, alle prime difficoltà, il Presidente Preziosi lo chiamava al timone della barca rossoblu. E Ballardini arrivava, con i suoi occhiali da sole neri a goccia, e cominciava a prendere a male parole i suoi calciatori, stimolandoli a far bene. Prima di ricominciare il circolo vizioso dell’esonero-richiamata-esonero. Il metodo Ballardini andrebbe brevettato, non vogliamo sentire storie.
5Tony Pulis
Con il suo Stoke City ci siamo innamorati, con il suo Stoke City abbiamo sognato. Tony Pulis, un allenatore vecchio stampo, ha portato i Potters a vette inimmaginabili, costruendo squadre pronte al sacrificio e al sudore.
Nove o dieci uomini – portiere escluso, ovviamente – dietro la linea della palla, lanci lunghi alla speraindio, schemi offensivi ridotti all’osso. Le squadre di Tony Pulis avevano una filosofia ben chiara: primo (ma anche secondo, terzo, quarto, quinto e quindicesimo) non prenderle. Poi, casomai, si poteva cercare di fare un gol, in qualche modo avventuroso, ma rigorosamente uno per partita. Gli schemi dello Stoke City, in genere, prevedevano solamente mischioni inverecondi sui calci piazzati o, addirittura, sulle rimesse laterali battute in area dal leggendario Rory Delap. Come si fa a non amare alla follia Tony Pulis?
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